L'operaio era sparito senza lasciare tracce ma adesso si attendono i reperti autoptici e del Dna per riaprire le indagini. Il movente ipotizzato quello economico. Qualcuno sapeva che il cadavere sarebbe stato trovato in quella zona.
Bologna – I resti ossei, il giubbotto e alcuni documenti ritrovati lo scorso 23 marzo nell’area Parco Nord di Bologna, in un fossato sottostante ad un canale di gronda, sarebbero di Biagio Carabellò, 45 anni, operaio, scomparso il 23 novembre 2015. Il macabro ritrovamento è avvenuto ad opera di alcuni tecnici che stavano lavorando in zona e che hanno segnalato la presenza dello scheletro alla polizia.
Le ossa, composte da teschio, busto e arti, apparivano scarnificate. Sul posto si sono subito recati il medico legale ed i vigili del Fuoco che hanno recuperato la salma per le successive incombenze autoptiche. L’uomo era stato visto per l’ultima volta tra le 9.30 e le 10 del 23 novembre 2015 presso il poliambulatorio di via Tiarini, da dove poi si era allontanato senza lasciare tracce.
Non vedendolo tornare a casa, dopo averlo atteso per un giorno intero, il suo coinquilino dava l’allarme. Carabellò aveva il cellulare spento, non aveva lasciato biglietti di addio o di giustificazione per una improbabile fuga volontaria, carta d’identità e soldi erano riposti sul tavolo di casa assieme ad altri effetti personali.
Il fratello Sergio e la sorella Susanna, dopo averlo cercato invano, si rivolgevano ai carabinieri per la denuncia di scomparsa. Il Pm Stefano Orsi apriva un fascicolo con l’ipotesi di sequestro di persona ma le indagini, nonostante gli sforzi di Procura e forze dell’ordine, non davano esito alcuno tanto che l’inchiesta veniva archiviata.
Nel 2016, proprio in casa dello scomparso, la sorella Susanna ritrovava un testamento olografo a firma di Elisabetta Filippini, 42 anni, fidanzata di Biagio, poi morta di cancro nel 2010.
La donna lasciava due terzi dei propri beni (diverse unità immobiliari e alcuni investimenti) al suo compagno e il resto ad una fondazione benefica legata ai Salesiani e che si occupava di aiutare i bimbi del Burundi. Mesi dopo spuntava un altro testamento, apparentemente olografo anche questo, in mano a tale Simona Volpe, sedicente amica della defunta benefattrice, che la vedeva erede universale.
A questo punto le indagini venivano riaperte su istanza della famiglia dello scomparso, rappresentata dall’avvocato Barbara Iannuccelli, a cui la Procura di Bologna dava un seguito aprendo un nuovo fascicolo per falso e sequestro di persona.
I familiari dell’operaio sparito nel nulla chiedevano una perizia calligrafica che veniva disposta dal Pm Stefano Orsi e dal procuratore capo Giuseppe Amato. Dagli esami eseguiti dalla grafologa Nicole Ciccolo, i due testamenti risultavano redatti in date simili ma non uguali ovvero il 21 giugno del 2009 e del 2010.
Nel secondo, quello che attribuiva il patrimonio alla sedicente amica della defunta, c’era un palese errore di grammatica, ritenuto anch’esso una stranezza considerato che Elisabetta Filippini era una persona di notevole cultura. Le firme in calce dei due testamenti risultavano simili ma non identiche, soprattutto per l’iniziale del nome scritta in maniera difforme dall’originale.
I familiari di Biagio si convincevano sempre di più che il loro congiunto, divenuto scomodo, sarebbe stato rapito e ucciso ed il cadavere nascosto chissà dove. Nel frattempo Simona Volpe veniva rinviata a giudizio per la falsificazione del testamento e si vedeva sequestrati, in via preventiva, tutti i beni mobili e immobili. Il 23 ottobre 2018 Volpe veniva condannata a due anni di reclusione per falsificazione del lascito dal giudice Renato Poschi.
Il movente per eliminare Biagio ci sarebbe tutto ed i sospetti potrebbero ricadere, come si era ipotizzato all’epoca, sul coinquilino pregiudicato di Biagio e sulla stessa Volpe rimasta al capezzale della Filippini sino alla morte:
”…Quando nel luglio 2017 cercammo Biagio Carabellò col soccorso alpino a Villa Angeletti una mano anonima ci condusse fino a lì – scrive l’avvocato Iannuccelli sul suo profilo Fb – aveva ragione e resta da stabilire il percorso sotterraneo nell’acqua che Biagio ha fatto per essere sversato attraverso la tubatura nel luogo dove è stato ritrovato. Ma se questa persona ci ha aiutato allora, non può farlo anche oggi? Che cosa ha visto? Io sono qui…”.
La vicenda non si è affatto conclusa e sono probabili risvolti a breve.
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