Continua la controversia sui farmaci bloccanti per la disforia di genere. Opinioni scientifiche, bioetiche e leggi internazionali su un tema complesso e delicato.
Il mondo scientifico e non, è stato attraversato da una forte polemica sui cosiddetti farmaci “bloccanti” utilizzati per la disforia di genere, una condizione di disagio e persistente sofferenza causata dall’avvertire la propria identità di genere diversa rispetto al proprio sesso biologico.
La comunità scientifica ritiene che i farmaci che bloccano la pubertà, approvati dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), sono reversibili e consentono di guadagnare tempo per riflettere in modo consapevole sulla scelta di cambiare sesso e sono in grado di ridurre in modo significativo depressione, rischio suicidario e comportamenti autolesivi negli adolescenti trattati. Inoltre, i farmaci vengono somministrati sempre in casi selezionati, approfonditi e studiati da un’equipe multidisciplinare. Il farmaco che ha assunto il ruolo di “casus belli” è il triptorelin, una terapia ormonale che agisce interferendo con la produzione o con l’azione di particolari ormoni che l’organismo umano secerne naturalmente.
Secondo la Società Italiana di Endocrinologia (SIE), il farmaco interferisce con gli ormoni prodotti dalle ovaie e dai testicoli e, a seconda delle modalità e delle dosi di somministrazione, può rallentare o velocizzare la fase puberale, ovvero quel periodo di transizione dall’infanzia all’età adulta, in cui ogni individuo completa la maturazione sessuale in base al suo genere biologico. Già l’anno scorso una lettera firmata dalla Società Psicoanalitica Italiana (SPI), indirizzata alle autorità competenti, manifestò forti dubbi sul farmaco in questione. Un tema così delicato non poteva che suscitare l’attenzione del Comitato Nazionale di Bioetica (CNB), organo consultivo del Governo, il Parlamento e le altre istituzioni, nonché con funzioni di informazione nei confronti dell’opinione pubblica sui problemi etici emergenti con il progredire delle ricerche e delle applicazioni tecnologiche nell’ambito delle scienze della vita e della cura della salute.
Il CNB ha consigliato di svolgere ulteriori studi per disporre di maggiori dati relativi agli effetti e ai costi/benefici. Il CNB su richiesta del Ministero della Salute è stato sollecitato a fornire un parere etico sulla somministrazione del farmaco agli adolescenti. I bloccanti, oltre che in Italia, sono utilizzati in altri Paesi, anche se recentemente il Regno Unito ne ha bloccato l’uso, in seguito ad un report da cui emergevano molte lacune sulle sue conseguenze. Nel dubbio di determinare dei danni, meglio sospendere.
Il CNB si è comportato un po’ come Ponzio Pilato, se ne è lavato le mani, in attesa di ulteriori sviluppi, tipico della nostra mentalità, anche, se alla fine, ha espresso parere eticamente contrario a permettere a minorenni di utilizzare un farmaco per la transizione di genere. E’ un argomento troppo complesso e che riguarda temi molto sensibili, quindi una soluzione definitiva è difficile da trovare. La transizione di genere non riguarda un fatto meramente fisico ma ha a che fare coi sentimenti, l’identità percepita, la percezione che si ha del proprio sesso. Temi molto delicati per essere risolti con l’assunzione di un farmaco. Poiché la salute e la medicina sono orientate dalle multinazionali farmaceutiche e sono diventate un mercato selvaggio, è giusto porsi delle domande e dei limiti!