L’indagine di Dda e carabinieri sul “consorzio” tra Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra non convince il Gip: autorizzati soltanto 11 arresti su 154.
Milano – Una federazione delle mafie sotto le guglie del duomo. Non più estemporanee collaborazioni e poi ognuno per conto proprio, ma un solo tavolo milanese al quale siedono i rappresentanti più influenti di Cosa nostra, ndrangheta e camorra per condividere affari e società, gestite da professionisti comuni, per fare soldi senza creare allarme sociale.
E’ quello che raccontano i pentiti, e confermano le intercettazioni ambientali, l’ipotesi di una rivoluzione copernicana nell’organigramma mafioso in Lombardia sulla quale hanno lavorato la procura di Milano e il nucleo investigativo dei carabinieri di via Moscova. Ma il castello accusatorio è stato clamorosamente smontato dal giudice per le indagini preliminare Tommaso Perna che nella sua ordinanza ha accolto undici richieste di arresto su ben 153 proposte dalla Procura in una richiesta di oltre cinquemila pagine. Finiscono così in galera: Gioacchino Amico, Francesco Bellusci, Rosario Bonvissuto, Giacomo Cristello, Giuseppe Fiore, Pietro Mazzotta, Dario e Francesco Nicastro, Massimo Rosi, Sergio Sanseverino, Giuseppe Sorce. I reati contestati a vario titolo sono: porto d’armi, due estorsioni aggravate dal metodo mafioso, una minaccia aggravata, traffico di droga, spaccio, ed evasione fiscale. Il gip ha disposto inoltre il sequestro di oltre 200 milioni di euro. Mentre la Procura stava notificando ai 154 indagati l’avviso di conclusione indagine, il pm ha già proposto appello al tribunale del Riesame di Milano avverso all’ordinanza.
Secondo il gip, dunque, non esiste nessun patto tra le mafie in Lombardia e infatti, ha disposto il carcere solo per 11 persone ma non per associazione mafiosa e solo per altri reati. La Dda ha deciso, comunque, di chiudere le indagini, contestando sempre “l’alleanza” tra le tre mafie, e di puntare tutto sul Riesame provando a portare a processo gli oltre 150 indagati.