Polemiche in Israele sul figlio del premier riparato in Florida dopo aver perso una causa per diffamazione. Se tornasse potrebbe andare al fronte.
Roma – Solidarizzare con le famiglie ebraiche colpite dall’attacco di Hamas, e farlo soprattutto dal sole di Miami, è una cosa, lasciare famiglia e lavoro per rispondere alla mobilitazione dei riservisti lanciata da Tel Aviv, magari venendo spediti a sorvegliare i confini con il Libano, è decisamente un’altra.
Così Yair Netanyahu, 32 anni, figlio ed erede di Benyamin Netanyahu, è tornato nell’occhio del ciclone e sul suo conto in patria montano le polemiche. E pensare che in Florida l’aveva spedito ad aprile proprio il padre, per sottrarre l’improvvido pargolo, già al centro di critiche per lo sfarzoso stile di vita, alla pletora di denunce per diffamazione raccolte grazie ad alcune dichiarazioni incendiarie.
Yair ama spandere veleno via social con giudizi improntati agli slogan della destra nazionalista e nei mesi scorsi si era distinto per aver dato dei terroristi ai compatrioti scesi in piazza per contestare il governo di suo padre. Per silenziarlo la famiglia gli ha imposto l’esilio dorato a stelle e strisce. Ma adesso anche la sua assenza fa rumore. Molti suoi potenziali compagni d’arme, più o meno coetanei, si chiedono indignati se non si tratti di un imboscato, a tutti gli effetti un disertore, un quaquaraquà direbbe Sciascia, che dietro la tastiera si atteggia a leone e spara a zero su chiunque identifichi come nemico di Israele, ma quando il nemico vero si materializza diventa pecora e mette un oceano tra lui e il fronte.
“Yair si gode la vita a Miami Beach mentre io sono al fronte”, ha dichiarato al Times un volontario della riserva al confine col Libano faccia a faccia con gli Hezbollah. “Tanti di noi hanno lasciato il lavoro, le famiglie, i figli per tornare nella nostra nazione a proteggere la nostra gente”, ha rincarato la dose un riservista sentito dalla stampa inglese.