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Anche le piante pensano

Nel mondo degli scienza gli ultimi anni si sono caratterizzati per le innumerevoli studi sulla capacità di pensiero del mondo vegetale, con un approccio meno antropocentrico, basato su biologia, filosofia e psicologia.

Roma – Paolo Calvo, filosofo della scienza presso il Minimal Intelligence Lab dell’Università della Murcia, è uno dei massimi esperti di questa nuova tendenza. Nel mondo antico, le piante rappresentavano la natura stessa e occupavano un ruolo rilevante per capire la vita. Nella filosofia greca, tuttavia, venivano considerate un succedaneo del mondo animale e la sua utilità consisteva nella produzione agricola e per la cura delle malattie. A lungo prevalse l’idea che le piante avessero un unico scopo: nutrirsi, svilupparsi e procrearsi. Col tempo, nel campo della filosofia ci è chiesti se avessero una propria, autonoma intelligenza. La scienza ha risposto a questa domanda considerando la vita vegetativa come puro sentire strettamente legato alla pervasività della natura.

Il mondo nascosto delle piante

Secondo recenti studi le piante sarebbero dotate di memoria e, quindi della capacità di apprendere e ricordare. Inoltre, di comunicare tra di loro e con l’ambiente, di soffrire per il dolore, di avere percezioni soggettive. Infine, di elaborare informazioni e di pensare. Mostrando, quindi, una certa affinità con mondo animale. Con molta probabilità, è stata sbagliata la considerazione delle piante come abbellimento della vita animale, da cui ne è scaturita l’idea di superiorità di quest’ultima. Dal punto di vista culturale, l’uomo è più attratto dagli animali, che in un certo senso hanno con noi forti somiglianze e si adeguano al nostro modi di interpretare la natura. In realtà, il mondo prima che animale, è vegetale.

Ad esempio, le piante hanno permesso la vita con la trasformazione dell’anidride carbonica (CO2) e la costruzione dell’atmosfera. La loro vita rappresenta la formazione dell’ambiente in cui si vive. Il dibattito che si è sviluppato sulla vita e l’intelligenza vegetale ha prodotto un mutamento nella considerazione teorica. Ovvero, le piante sono passate da essere considerate meri oggetti dell’agricoltura e della farmacologia, cioè come risorse da cui ricavarci dei benefici, in soggetti viventi come gli animali e gli essere umani. Se si pensa che esse rappresentano il 90% circa della biomassa, ci si accorge di quanto siano fondamentali e quanto possono collaborare con noi.

Le piante contribuiscono a ripristinare l’equilibrio ambientale

Per biomasse si intendono tutte quelle sostanze di origine biologica, vegetale o animale, che non hanno subito processi di fossilizzazione. L’energia delle biomasse è quindi l’energia prodotta a partire da questi materiali, può essere energia elettrica o termica. Attraverso gli studi, le piante sono assurte al ruolo di attori ambientali, ripristinando un più giusto rapporto tra gli esseri viventi. La loro intelligenza favorisce il modo attraverso cui esse sono in grado di manipolare gli ecosistemi e trasformare la natura. Coi cambiamenti climatici in atto, da una prospettiva ecologica non bisogna considerare le piante solo degli oggetti, ma intenderle come veri e propri ingegneri ambientali. Gli esiti positivi nell’ostacolare la crisi climatica dipendendo proprio dal rapporto profondo con le piante e l’ambiente. La speranza è che “il pensiero” delle piante produca risultati più proficui di quelli dell’uomo, visti i danni provocati da quest’ultimo.

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