Vibrante protesta dei lavoratori che si aspettavano un premio di produzione per i sacrifici “produttivi” effettuati durante le restrizioni. Invece la sorpresa è stata la accasa integrazione. Annunciati scioperi e manifestazioni con i sindacati di categoria.
Durante il lockdown sono stati considerati eroi. Attraverso il loro incessante lavoro hanno permesso alle piccole e medie realtà commerciali di continuare nella produzione, sostenendo attivamente l’economia nazionale e comunitaria. Oggi reclamano quanto gli spetta. Stiamo parlando dei lavoratori, diretti e indiretti, driver e magazzinieri della DHL Express.
In particolare, a seguito del rifiuto della dirigenza della multinazionale di accogliere le richieste delle organizzazioni sindacali, è stato indetto uno sciopero di 24 ore con lo scopo di denunciare l’utilizzo eccessivo degli ammortizzatori sociali (CIGO/FIS/CIGD) e l’indisponibilità al riconoscimento di un premio di carattere economico per tutti coloro che con il proprio impegno ed il proprio sacrificio non hanno mai smesso di operare nemmeno nelle fasi più critiche della pandemia:
“…Come ormai è ben noto, il mondo della logistica è rientrato all’interno dei codici ATECO durante tutto il periodo dell’emergenza – spiega Emanuele Barosselli, segretario regionale della CGIL FILT – non solo, i volumi d’attività durante la contenzione sono addirittura aumentati dunque abbiamo richiesto a più riprese alla DHL la gestione congiunta della situazione. Alla fine, lo scorso 20 maggio, dopo innumerevoli richieste, abbiamo ottenuto l’incontro con i dirigenti dell’azienda che, però, non è andato come previsto. Infatti DHL che da sempre si vanta di avere un ottimo rapporto con i propri lavoratori non si è assunta le proprie responsabilità. Inoltre è fondamentale ricordare che durante tutta la fase di lockdown sebbene la mole di lavoro fosse aumentata, l’agenzia non si è fatta molti problemi a ricorrere alla cassa integrazione. Noi e i lavoratori crediamo che questa sia stata utilizzata solamente per motivi economici, tanto che i dipendenti non cassaintegrati si sono ritrovati a compiere turni massacranti e a svolgere un lavoro maggiore rispetto a quello previsto. E allora perché ricorrere alla CIG? A questo si deve aggiungere il mancato rispetto dei dispositivi di sicurezza. Per i primi dieci giorni del blocco in casa i dipendenti hanno lavorato senza mascherine, guanti o gel igienizzanti proprio perché DHL sosteneva che non riusciva a reperirli. Insomma, dopo aver lavorato nei periodi più duri, aver fatto a meno delle protezioni e sopportato la cassa integrazione (nonché essere considerati indispensabili), per i dipendenti non rimangono che le briciole. Noi chiediamo che vengano riconosciuti ai lavoratori premi economici e incentivanti come riconoscimento dell’attività svolta…”
La CGIL FILT, inoltre, richiede che vengano eseguiti gli screening sierologici su tutti i dipendenti della filiera per una reale mappatura del contagio e del rischio. Qualora le accuse del sindacato venissero confermate, quello della DHL sarebbe l’ennesimo caso in cui la richiesta di cassa integrazione avviene anche in assenza di reali necessità. Una situazione che in primis andrebbe ad interessare i soldi dei contribuenti.