Almasri: Parlamento bloccato fino a martedì, Meloni sceglie Bongiorno come legale

Preoccupazione e silenzio al Quirinale per lo scontro tra politica e magistratura che ha raggiunto livelli altissimi e paralizzato i lavori.

Roma – Dopo la notizia dell’avviso di garanzia per la premier Giorgia Meloni, i ministri dell’Interno Matteo Piantedosi e della Giustizia Carlo Nordio, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti Alfredo Mantovano, è stata rinviata l’informativa del titolare del Viminale e del Guardasigilli sul caso Almasri. Dal centrosinistra la replica è dura: non si può andare avanti con la normale attività parlamentare mentre il governo non fa chiarezza sul rilascio e il rimpatrio del criminale libico. Così viene immediatamente convocata la conferenza dei capigruppo a Palazzo Madama, poco dopo anche a Montecitorio. Risultato: lavori fermi fino a martedì prossimo, quando entrambe le capigruppo sono di nuovo convocate. “Io mi ritrovo sulla prima pagina del Financial Times con la notizia che sono stata indagata e se in Italia i cittadini capiscono perfettamente quello che sta accadendo all’estero non è la stessa cosa. Quello che sta accadendo è un danno alla nazione, alle sue opportunità, e questo mi manda ai matti”, tuona la premier.

Il clima di tensione è alle stelle, e la premier con i ministri coinvolti decidono congiuntamente di nominare quale unico legale l’avvocata Giulia Bongiorno. Una scelta che “sottolinea la compattezza del governo anche nell’esercizio dei propri diritti di difesa”. La senatrice della Lega e presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama, a soli 27 anni è entrata nel collegio difensivo nel processo per mafia contro l’ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti, andato avanti dal 1993 al 2004. Ha difeso l’ex premier ed ex ministro Dc anche nel procedimento di Perugia sull’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, conclusosi con la piena assoluzione. Iscritta alla Lega dal 2018, Bongiorno ha difeso il leader del partito di via Bellerio Matteo Salvini – all’epoca dei fatti ministro dell’Interno – nei processi di Catania per il caso Gregoretti e su Open Arms a Palermo con al centro la gestione degli sbarchi di migranti, che si sono chiusi rispettivamente con il non luogo a procedere e con l’assoluzione, perché “il fatto non sussiste”.

L’avvocato Bongiorno e Salvini al processo Open Arms

Nel processo Open Arms a Palermo, ha ottenuto per l’ex ministro dell’Interno l’assoluzione il 20 dicembre scorso. In quel procedimento a sostenere l’accusa per la Procura di Palermo inizialmente è stato Francesco Lo Voi, nominato poi a fine 2021 procuratore capo di Roma. Una nuova veste in cui il magistrato ha inviato a Meloni, Mantovano e ai ministri Nordio e Piantedosi la comunicazione di iscrizione nel registro delle notizie di reato in quanto persone indagate per il caso Almasri, inoltrando gli atti al Tribunale dei ministri, come previsto dall’articolo 6 della legge costituzionale numero 1 del 16 gennaio 1989. Secondo la stessa norma, la premier, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e i ministri possono presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati.

Secondo la legge costituzionale numero 1 del 1989 il presidente del Consiglio e i ministri, per reati compiuti nell’esercizio delle loro funzioni possono essere indagati solo da un particolare collegio di giudici, detto tribunale dei ministri, che esiste in ogni distretto di Corte d’Appello ed è composto da tre magistrati sorteggiati ogni due anni. Se una procura riceve una denuncia di questo genere la legge stabilisce che mandi gli atti al tribunale dei ministri “omessa ogni indagine”, e che comunichi ai membri del governo interessati di averlo fatto. È questa comunicazione che Meloni ha ricevuto. “L’atto era chiaramente un atto voluto – afferma Meloni – e tutti sanno che le procure in queste cose hanno la loro discrezionalità, come del resto è dimostrato dalle numerosissime denunce che i cittadini fanno contro le istituzioni e sulle quali si è deciso di non procedere con l’iscrizione nel registro degli indagati. Pensiamo al periodo del Covid, io potrei fare decine di esempi, tutti potrebbero fare decine di esempi, dopo di che io penso che a chiunque nei miei panni di fronte a questa vicenda cadrebbero un po’ le braccia”.

La strategia di difesa affidata a Giulia Bongiorno

Le notizie per i reati ministeriali vengono trasmesse al procuratore della Repubblica, il quale “senza compiere nessun tipo di indagine, entro quindici giorni trasmette gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati”. Solitamente questa notifica è accompagnata dalla richiesta di archiviazione.
Però stavolta, stando a quanto dice Meloni lasciando chiaramente intendere nel suo video un interesse a colpirla per qualche ragione, la richiesta di archiviazione non è arrivata. Se i ministri in questione appartengono a camere diverse, o non sono parlamentari, decide il Senato. Se appartengono a una sola camera decide la camera di competenza, anche se sono coinvolti ministri non parlamentari.

L’indagine della procura di Roma è nata da un esposto presentato da Luigi Li Gotti, avvocato con una carriera politica iniziata nella destra, come Meloni, poi proseguita nell’Italia dei Valori e nel centrosinistra (fra il 2006 e il 2008 fu sottosegretario alla Giustizia nel governo guidato da Romano Prodi). “In relazione all’indicato procedimento gli atti sono stati inoltrati al collegio per i reati ministeriali del tribunale dei ministri”. Lo si legge nella comunicazione di “iscrizione nel registro delle notizie di reato”, firmato dal procuratore Francesco Lo Voi, nei confronti della premier Giorgia Meloni, dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e del sottosegretario Alfredo Mantovano.

Luigi Li Gotti

In questo scontro senza pari tra magistratura e politica, l’Associazione nazionale magistrati interviene sottolineando che “c’è stato il totale fraintendimento da parte di numerosi esponenti politici dell’attività svolta dalla procura di Roma”. Il segretario Salvatore Casciaro fa notare: “La comunicazione di avvenuta trasmissione degli atti al tribunale dei ministri è un atto dovuto, contemplato da una legge costituzionale che prevede che l’attività di indagine venga svolta dal tribunale dei ministri e non dalla procura della Repubblica. Solo in caso di denunce manifestamente infondate e fantasiose ci potrebbe forse essere un margine ridottissimo di valutazione ed evidentemente non è stato ritenuto un caso rientrante in quella tipologia”. 

Di diverso avviso l’Unione Camere penali. “Questa scelta della procura di Roma è stata sbagliata, perché in questo modo sulla vicenda Almasri i ministri sono stati sottratti al confronto con il Parlamento. Ma non credo che ci siano orologerie nascoste dietro questi interventi della magistratura”. Lo ha detto il presidente dell’Unione camere penali, Francesco Petrelli, in merito all’avviso ai vertici di governo della denuncia sul caso di Almasri. “Credo che nelle condotte e nelle scelte del governo sul caso Almasri vi siano delle evidenti opacità, che però andavano sciolte nelle sede opportuna che è quella parlamentare. Siamo perplessi del fatto che questioni, le quali evidentemente sono il frutto di scelte di natura politica, possano essere disinvoltamente assoggettate a un sindacato della giurisdizione”, ha aggiunto.

Preoccupazione e silenzio per Sergio Mattarella

A Quirinale la preoccupazione – con un silenzio scontato – è elevata in queste ore, con uno scontro tra politica e magistratura che ha superato ampiamente il livello di guardia e una tensione tra maggioranza e opposizione che ha portato a una semiparalisi dei lavori parlamentari, che a Montecitorio riprenderanno la prossima settimana e al Senato quella successiva, con soprattutto l’impossibilità di procedere alla nuova votazione per l’elezione dei giudici della Corte costituzionale. In questi dieci anni il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha avuto modo di ripetere a più riprese quale debba essere il corretto modus operandi istituzionale e di spendersi per cercare di riportare su binari corretti il dibattito nelle e tra le istituzioni.

Nel frattempo, il vice capogruppo di Fratelli d’Italia in Senato, Salvo Sallemi affronta un’altra questione: “Le indiscrezioni di stampa sulla questione voli di Stato di Lo Voi evidenziano quanto di fosco ci possa essere dietro le indagini che hanno colpito Giorgia Meloni e il suo governo. Occorre fare piena chiarezza su questo punto. Sarebbe imbarazzante scoprire che il procuratore è in contrasto con Palazzo Chigi, perché vuole utilizzare l’aereo di Stato il fine settimana per tornare a casa nella sua Sicilia. Il che spiegherebbe l’anomala
procedura, se non una vendetta giudiziaria, messa in campo contro il presidente del Consiglio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Mantovano”.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa