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Alla ricerca degli insegnanti perduti: la crisi della scuola tra carenze e abbandoni

Il sistema scolastico è al collasso e rischia grosso crisi per la mancanza di docenti, soprattutto nelle materie scientifiche. Quale futuro per giovani e ricerca?

La scuola, che secondo la pedagogia è un’agenzia basata su servizi educativi specifici e pianificati, è un’organizzazione sempre più articolata ed estesa. E’ un luogo di crescita, sociale e intellettuale, dove ci si abitua a stare insieme anche tra persone che non sono legate da un comune affetto, come nel caso della famiglia, o dalla condivisione di uno specifico interesse. Ma è anche il luogo che fornisce contenuti di conoscenza attraverso cui si formano gli adulti di domani e la classe dirigente e rappresenta uno dei pilastri sui cui si regge il “welfare state” (stato sociale). Eppure un’istituzione così significativa è in crisi da decenni, dimenticata dalla politica.

Gli insegnanti nel continente sono 5,24 milioni, di cui solo l’8% ha meno di 30 anni ed il 40% più di 50.

Uno dei problemi fondamentali è la mancanza di personale docente, soprattutto delle materie scientifiche. Ovviamente le zone più disagiate sono le più vulnerabili, aumentando il rischio della povertà educativa. E’ come il cane che si morde la coda, una situazione di difficile soluzione, perché queste zone sono meno attrattive per gli insegnanti. La riduzione degli investimenti nel settore e gli stipendi troppo bassi dei docenti sono tra i motivi dello stato di crisi del settore. Ma non il solo, andrebbe ripensato tutto il settore. Ossia le modalità di accesso all’abilitazione alla professione, il carico di lavoro, il numero di alunni per classe, le prospettive limitate di carriera. Si assiste al paradosso che non c’è personale in entrata, ma cresce quello in uscita. L’età media dei docenti in tutta Europa, da decenni, è in aumento.

L’Eurostat, l’ufficio europeo di statistica, informa che gli insegnanti nel continente sono 5,24 milioni, di cui solo l’8% ha meno di 30 anni ed il 40% più di 50. Inoltre, c’è da registrare l’ingente numero di coloro che sono prossimi alla pensione. Entro il 2030, quindi, è ipotizzabile una loro notevole mancanza. All’aspetto anagrafico va aggiunto il fenomeno dell’abbandono della professione. In Portogallo, ad esempio, il 10% ha dato le dimissioni, senza essere stato sostituito. Ma è un problema che, più o meno, riguarda, almeno, 24 Paesi su 27 dell’Unione Europea.

Un aspetto emerso dalla cronaca è il basso riconoscimento sociale della professione, a cui si aggiunge la crescita degli episodi di violenza verso i docenti.

Un aspetto emerso dalla cronaca è il basso riconoscimento sociale della professione, a cui si aggiunge la crescita degli episodi di violenza verso i docenti, sia da parte degli alunni che delle loro famiglie. In un siffatto contesto, non stupisce l’allargamento della forbice sociale. Se è complicato ipotizzare una soluzione a livello europeo, vista la peculiarità di ogni caso, l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha diffuso un documento “Education Policy Outlook” 2024, basato sui dati di 33 sistemi educativi, che presenta approfondimenti sulle tendenze recenti, le risposte politiche e le considerazioni strategiche per il futuro dell’istruzione.

Il report elenca una serie di consigli per la soluzione del problema, tra cui: ridurre le barriere di ingresso alla professione; riassumere il personale dimessosi; colmare le lacune nell’insegnamento delle materie scientifiche. Infine, migliore la reputazione sociale dell’insegnante, spesso denigrata, derisa e oltraggiata. I provvedimenti vanno presi con urgenza, senza tentennamenti, se si vuole una società all’altezza dei mutamenti in atto. Altrimenti il rischio è di costruirne una povera di cultura e di valori!

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