Tra dati Istat e cronaca nera, istantanee da un Paese che arranca. Altro che ripartenza e…resilienza?
Roma – Se quello atmosferico stenta a mostrare il suo rigore, l’inverno demografico mette già i brividi. L’Italia in vent’anni ha perso tre milioni di giovani, diminuiti di oltre il 23% sul totale di una popolazione che invece continua a crescere, ergo a invecchiare. Non solo: i dati Istat ci relegano all’ultimo posto disponibile in Ue, con la più bassa incidenza di 18-34enni sulla popolazione (nel 2021 17,5%; la media Ue è del 19,6%). Manco a dirlo, nel quadro già di per sé desolante emerge lo sprofondo del Meridione, che dal 2002 ha visto una diminuzione del 28% dei giovani e dove si prevede che da qui al 2061 gli ultra-settantenni saranno il 30,7% della popolazione residente.
Con tutto il rispetto per l’autorevole Istituto di ricerca, che svolge egregiamente il suo lavoro e mette in colonna i numeri di una debaclé demografica senza precedenti, le rilevazioni statistiche paiono quasi inutili e pleonastiche le motivazioni addotte per spiegare un fenomeno praticamente irreversibile. Basta guardarsi intorno per capire: carenza di opportunità lavorative e precariato diffuso rallentano, soprattutto nel nostro Sud, l’uscita dei giovani dall’ambito familiare, con la conseguenza ovvia che si riduce la propensione a costruire nuovi nuclei familiari e mettere al mondo figli. L’età media al primo matrimonio degli italiani è salita a circa 36 anni per lo sposo (32 nel 2004) e 33 per la sposa (29 nel 2004).
Ci avviamo quindi inesorabilmente a diventare un Paese per vecchi, pardon per anziani. Eppure le cronache delle ultime ore non segnalano una particolare attenzione ai nostri connazionali con i capelli bianchi. In pieno centro a Firenze Giampaolo Matteuzzi, 91 anni, ex campione italiano di staffetta, è stato preso a pugni e rapinato da un giovane somalo di 25 anni. Le immagini delle telecamere lo ritraggono mentre viene colpito più volte dal delinquente, lo si vede difendersi con coraggio, addirittura una volta sopraffatto tentare ancora di ricorrere il rapinatore. Ma soprattutto i fotogrammi ci consegnano l’immagine di una Firenze fredda e irriconoscibile: mentre si consumava la rapina con pestaggio, pur essendo la strada affollata, nessuno ha mosso un passo per difenderlo. Lo stesso Matteuzzi, che per fortuna è uscito indenne dalla disavventura e grazie alla polizia ha recuperato l’orologio rapinato, ha commentato amaro: “Nessuno si è fermato ad aiutarmi, ci sono rimasto malissimo”.
E’ andata purtroppo molto peggio a Luigi Bernardini, originario di Fosdinovo – sempre in Toscana siamo seppur al confine con la Liguria – travolto e ucciso da un automobilista sulla A12, all’altezza del chilometro 57 in località Campo, tra Deiva Marina (La Spezia) e Moneglia (Genova). Faceva il sorvegliante di un cantiere mobile per una ditta esterna della concessionaria del tratto autostradale. Centrato in pieno mentre attraversava la careggiata, quello di Bernardini è l’ultimo nome iscritto nella lista delle vittime del lavoro, saldo alimentato da uno stillicidio quotidiano di tragedie che nel loro complesso sommano già ad una strage. Soltanto che non era un operaio qualsiasi, Bernardini, perché di primavere alle spalle ne aveva già 76, un’età in cui già da tempo ci si dovrebbe godere pensione e nipotini. Invece lui, alle 19.30, quando già calava il buio, era in mezzo ad un’autostrada, non esattamente il luogo di lavoro più sicuro in assoluto, tantomeno per una persona di quell’età. Toccherà all’Ispettorato del lavoro accertare i motivi e la regolarità della sua presenza in cantiere, ma davvero c’è da augurarsi che fosse lì per libera scelta e non per raggiungere l’agognata quiescenza.