Alla prima udienza il parroco era assente per motivi di salute ma pare sarà presente alla seconda che si svolgerà il 21 ottobre prossimo. Ammessi come parti civili due sodalizi che si occupano di protezione dei minori. Il prete, considerato da molti una persona per bene e ottimo educatore, rigetta ogni accusa.
Enna – E’ iniziato il processo, a porte chiuse, a carico di don Giuseppe Rugolo, 40 anni, arrestato lo scorso 27 aprile con l’accusa di violenza sessuale aggravata in danno di minorenni. Davanti al tribunale di Enna, presieduto da Francesco Pitarresi e giudici a latere Elisa D’Aveni e Chiara Blandino, lo scorso 4 ottobre il sacerdote ha optato per il rito ordinario allo scadere dei termini del procedimento immediato stabilito dalla Procura di Enna.
L’imputato non era presente alla prima udienza per motivi di salute atteso il certificato medico presentato alla Corte dai suoi difensori, avvocati Denis Lovison e Antonino Lizio, che hanno chiesto un rinvio. Alla richiesta si opponeva il Pm Stefania Leonte che, dopo una breve camera di consiglio, poteva riprendere l’udienza durante la quale venivano rigettate tutte le eccezioni preliminari presentate dai legali di don Rugolo.
Nel frattempo venivano ammesse come parti civili, oltre alla presunta vittima degli abusi assistita dall’avvocato Eleanna Parasiliti Molica, i genitori della parte lesa, patrocinati dall’avvocato Giovanni Di Giovanni, l’Associazione Co. tu. le. Vi, rappresentata dall’avvocato Prima Cammarata e Rete l’Abuso, assistita dall’avvocato Mario Caligiuri.
I legali dell’imputato hanno dichiarato che l’opzione del giudizio con rito ordinario permetterà loro di dimostrare meglio le tesi difensive del loro assistito. Di contro il penalista della vittima ha chiesto che siano chiamate alla responsabilità civile la diocesi di Piazza Armerina e la parrocchia San Cataldo dove il prete ha officiato per diversi anni.
Il sacerdote era stato arrestato con l’accusa di presunti abusi sessuali nei riguardi di ragazzini ed era stato ristretto ai domiciliari dove è rimasto dopo il rigetto dell’istanza di scarcerazione. Al primo giovane denunciante, minorenne all’epoca dei fatti, se ne sarebbero aggiunti altri due. Le violenze sessuali, stante alle indagini condotte dalla Mobile di Enna e coordinate dal procuratore capo Massimo Palmeri, si sarebbero consumate in parrocchia e nei campi estivi del Grest nell’arco di tempo che va dal 2009 al 2019.
Padre Rugolo, per altro, era stato fermato a Ferrara dove si sarebbe trasferito per far calmare le acque e non per motivi di salute come qualcuno avrebbe riferito ai parrocchiani e ai giovani iscritti al “Progetto 360”, un’iniziativa di aggregazione giovanile ideata dal sacerdote siciliano. L’inchiesta era partita dalle confessioni di un ragazzino che si sarebbe rivolto anche a Papa Francesco denunciando i presunti abusi sessuali di cui sarebbe rimasto vittima da quando aveva 16 anni e sino ai 20 ad opera di don Giuseppe.
La forte personalità del parroco avrebbe giocato un ruolo fondamentale sulla volontà del minore che, nell’impossibilità di difendersi, avrebbe subito passivamente le attenzioni erotiche del sacerdote. Le altre presunte vittime raccontano grosso modo le stesse cose mentre altri ragazzini si sarebbero tirati indietro rifiutando gli “approcci” di don Rugolo che pare rigetti al mittente le accuse infamanti:
”…Mentre eravamo coricati su un divano letto, don Giuseppe si avvicinò a me e iniziò a toccarmi le parti intime – racconta un testimone – mi alzai, in preda allo stupore e anche ad una certa paura. Nei giorni successivi, si scusò cercando di farmi capire che i suoi sentimenti potevano essere considerati assolutamente normali senza che io dovessi scandalizzarmi o impaurirmi. Dopo qualche mese il sacerdote ci riprovò: nella canonica della chiesa. A quel punto capivo che non potevo più frequentarlo…”.
Poi ci sarebbero diverse intercettazioni telefoniche e il lavoro di verifica della polizia Postale su Pc e cellulari in uso al sacerdote la cui reputazione, a detta di numerosissime persone, sarebbe adamantina soprattutto nel suo ruolo di educatore. Le presunte violenze da parte di una delle vittime sarebbero state denunciate anche al vescovo di Piazza Armerina, monsignor Rosario Gisana, sospettato di aver insabbiato le obbligatorie verifiche.
L’alto prelato ha respinto ogni addebito mentre il ragazzino si rivolgeva ad altri preti i quali, tranne uno, pare abbiano fatto orecchie da mercante alle doglianze dell’allora minorenne disperato. Se ne riparlerà il prossimo 21 ottobre con la seconda udienza.