Feudi di San Gregorio e il Parco Archeologico uniti in un partenariato pubblico-privato: 6 ettari di viti biologiche e vino raccontano la storia romana.
Una vigna “archeologica” prende vita nel Parco Archeologico di Pompei, un progetto ambizioso che unisce viticoltura biologica e valorizzazione storica. Grazie a un innovativo partenariato pubblico-privato, il Gruppo Tenute Capaldo—con le cantine Feudi di San Gregorio e Basilisco—affianca il Parco nella gestione dei vigneti, con l’obiettivo di creare un’azienda vitivinicola a ciclo completo all’interno del sito. Sei ettari di viti, strutture per la vinificazione e l’affinamento, e un approccio che intreccia produzione di vini di qualità con la narrazione della Pompei antica: il tutto sotto la guida scientifica del professor Attilio Scienza e dell’agronomo Pierpaolo Sirch.
“Non è una semplice concessione, ma una collaborazione virtuosa,” spiega Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco. “Da decenni studiamo i vigneti di Pompei per capirne tecniche e abitudini. Oggi, con Feudi di San Gregorio, investiamo in una tutela attiva del patrimonio naturale e paesaggistico, integrandolo con il territorio.” Il progetto si inserisce in un disegno più ampio di “azienda archeo-agricola,” che include la coltivazione degli ulivi e iniziative di agricoltura sociale nella “fattoria culturale” del Parco.

L’idea nasce dagli studi del Laboratorio di Ricerche Applicate di Pompei, attivi dagli anni ’90, che hanno analizzato i vitigni antichi per ricostruire le pratiche agricole romane. Ora, la nuova azienda—interamente biologica—punta a far rivivere quelle tradizioni, con viti allevate secondo metodi storici e uve trasformate in loco. “Produciamo vini autentici e valorizziamo il percorso di visita,” sottolinea Zuchtriegel. L’estensione vitata crescerà oltre i 6 ettari, coinvolgendo anche realtà del Terzo Settore per un impatto sociale positivo.
A guidare il progetto agronomico è Pierpaolo Sirch, responsabile di produzione di Feudi, noto per la sua expertise sui vitigni autoctoni campani. “Collaboriamo con il professor Scienza per riscoprire le tecniche di 2000 anni fa,” spiega Antonio Capaldo, presidente di Feudi di San Gregorio. “Pompei non sarà solo un museo, ma un centro vivo di produzione e cultura.” Il gruppo, Società Benefit dal 2021, porta in dote 40 anni di esperienza nella valorizzazione di vitigni come il Greco di Tufo e l’Aglianico, con un occhio alla sostenibilità e alle comunità locali.

A differenza dei classici appalti, il partenariato mette a fattor comune le competenze del Parco —ricerca storica e tutela— e quelle di Feudi —produzione e gestione vitivinicola. “È un approccio culturale, non speculativo,” dice Capaldo. “Richiede tempo e investimenti, ma guarda al futuro delle prossime generazioni.” Le strutture di vinificazione sorgeranno all’interno del Parco, rispettando il vincolo archeologico, e i vini prodotti—ancora senza nome—saranno un ponte tra passato e presente, offerti ai visitatori come testimonianza viva della Pompei romana.
“Il Parco è un pilastro dell’identità campana,” aggiunge Capaldo. “Vogliamo che torni a essere un luogo di scambio, come ai tempi dell’Impero.” Il progetto si affianca ad altre iniziative, come la recente apertura della Domus del Larario, e rafforza il ruolo di Pompei come modello di gestione partecipata del patrimonio.
La vigna archeologica si Pompei non è solo un esperimento produttivo: è un tassello nella tutela del paesaggio pompeiano, tra i più fragili d’Italia. Con il coinvolgimento di botanici, agronomi e associazioni locali, il Parco punta a un modello replicabile, dove cultura e natura si fondono. “La viticoltura racconta la città antica sotto una luce diversa,” conclude Zuchtriegel. “E con partner come Feudi, possiamo condividerla col mondo.” I primi vini potrebbero arrivare entro il 2027, ma già ora Pompei brinda a un nuovo capitolo della sua storia millenaria.
Immagine in apertura: Il vigneto nella Domus della Nave Europa (foto: Parco Archeologico di Pompei)