Dopo depistaggi, omissioni, false piste e indagini alla carlona un solerte magistrato scopriva la verità laddove era rimasta dall’inizio della vicenda: dietro l’angolo. Il colpevole dell’omicidio della nobildonna romana tornerà a breve uomo libero grazie a sconti di pena e buona condotta.
ROMA – Dopo dieci anni trascorsi in cella il 10 ottobre prossimo tornerà in libertà Manuel Winston Reyes, 50 anni, che il 10 luglio 1991 aveva ucciso la contessa Alberica Filo Della Torre, 42 anni, sposata con due figli.
Gli inquirenti avevano impiegato 20 anni per incriminare il maggiordomo filippino che dopo l’arresto aveva ammesso le proprie responsabilità. La mattina del delitto la contessa era rimasta nella sua villa dell’Olgiata mentre il marito, l’imprenditore Pietro Mattei, si trovava al lavoro. In casa c’erano i due figli piccoli della nobildonna, due domestiche filippine, la babysitter inglese Melanie Uniacke con la quale la contessa litigava spesso, e quattro operai che stavano lavorando per la festa di matrimonio dei coniugi Mattei che si sarebbe svolta la stessa sera.
Una delle due domestiche busserà più volte alla porta della camera da letto della contessa per portarle la colazione senza ricevere risposta. Alle 11 circa la cameriera Violeta Alpaga e la figlia della contessa Domitilla bussavano ancora ma non ricevendo risposta decidevano di aprire la porta con una seconda chiave.
Dentro la stanza, sul pavimento, con le braccia aperte e il capo coperto da un lenzuolo insanguinato, c’era il cadavere di Alberica. La domestica e la bambina fuggono via urlando e Alpaga avvisa i carabinieri della territoriale che arrivano subito in villa seguiti dai militari del Nucleo operativo.
L’inchiesta verrà affidata al Pm Cesare Martellino che coordinerà le indagini senza successo. Gli inquirenti seguiranno da subito piste prive di riscontri che avrebbero coinvolto i servizi segreti ed altri sospettati che poco o nulla avrebbero avuto a che fare con la morte della donna, tralasciando invece le più fruttuose piste interne vicine alla vittima.
Passeranno infatti vent’anni prima che si arrivi al maggiordomo, licenziato qualche mese prima perché dedito all’alcol, grazie alla forza di volontà di Pietro Mattei, marito della contessa, morto a 77 anni il 28 gennaio dell’anno scorso. L’uomo, durante il lunghissimo iter giudiziario, fra archiviazioni e riaperture delle indagini, aveva dovuto sopportare la fatica di altre 20 cause, in larga parte per diffamazione e tutte vinte, in danno di persone che lo accusavano ingiustamente a vario titolo, alcune anche di aver ucciso la povera consorte.
L’inchiesta dunque veniva riaperta e affidata al Pm Francesca Loy che, analizzando alcune intercettazioni telefoniche rimaste nel cassetto, prendeva la giusta direzione poi conclamata dall’esame del Dna su una macchia di sangue scoperta sulla scena del crimine.
Il reperto biologico riconducibile a Manuel Winston Reyes, infatti, era presente in maniera evidente sul lenzuolo che avvolgeva il capo della vittima e che due precedenti medici, poi denunciati dal vedovo e dai due figli Manfredi e Domitilla, condannati in primo grado, non avevano scoperto.
Finalmente dopo depistaggi e piste fantasiose veniva a galla la verità, rimasta sempre dietro l’angolo. Reyes, difeso dall’avvocato Nicodemo Gentile, veniva condannato a 16 anni di reclusione il 14 novembre del 2011, con sentenza confermata il 9 ottobre del 2012. Riconquisterà la libertà il prossimo ottobre.
”… Pietro Mattei – dice l’avvocato civilista Iacopo Squillante – ha passato una vita a lottare, da un lato per preservare il suo nome e soprattutto quello della moglie, e dall’altro perché fosse trovato il colpevole dell’omicidio. Per la diffamazione da parte dei media che in modo disinvolto infangavano lui e la moglie sono arrivate tantissime condanne e nonostante le condanne continuavano ad arrivare le diffamazioni. Si arrivò a insinuare che la contessa avesse delle relazioni extraconiugali e ombre furono gettate anche su di lui nonostante non fosse stato mai sospettato dagli inquirenti. Al momento dell’omicidio si trovava all’Eur, era provato. Una storia penosa…”.
Insomma un’odissea che l’imprenditore aveva vissuto con il dolore nel cuore e sempre alla ricerca di quella giustizia giusta che poi ha ottenuto solo in parte:
”…Per il resto il marito di Alberica, dopo la risoluzione della vicenda giudiziaria, si era molto rasserenato – racconta l’avvocato penalista Giuseppe Marazzita – una volta dissipate le ombre su di lui aveva avuto anche un riscatto sociale…”.
Manuel Winston Reyes, condannato a 16 anni di reclusione, grazie a buona condotta e sconti di pena, a breve sarà uomo libero. Sul fatto di cronaca però qualche altro dubbio non chiarito rimane.