Si vive più a lungo ma con disagio

Le persone più longeve sono in aumento e la maggior parte di queste vivono in famiglia. Purtroppo il benessere è venuto meno e le privazioni si fanno sentire anche passati i 100.

Nel Bel Paese sono in crescita i centenari. Un antico motto popolare recita “Chi beve birra campa cent’anni“, utilizzato come slogan pubblicitario per promuovere il consumo di birra, con l’obiettivo di farla apparire come una bevanda salutare e nutriente. Non si tratta di una verità scientifica ma di un’espressione legata alla pubblicità del prodotto. Chissà quanta birra avranno bevuto i centenari italiani per arrivare alla loro veneranda età!

Forse potrebbero raggiungere l’eternità se seguono il consiglio di un altro detto, spesso contrapposto al precedente, che così si esplicita “Chi beve birra campa cent’anni, chi beve vino non muore mai,” che suggerisce una maggiore longevità su intercessione di Bacco, il dio del vino. Ma bando alle ciance, tanto per usare un’espressione gergale, il fenomeno è concreto. Al 1° gennaio 2025, i centenari registrati erano 23.548 mentre solo 15 anni fa erano meno della metà. Su 10 di essi, ben 8 sono donne, l’82%.

Potrebbe essere una conferma di una considerazione di origine maschilista diventata popolare. Ovvero che i maschi muoiono prima per…lo stress accumulato per…sopportare le donne! A parte queste dicerie secondo l’Istat gli over 100 si sono incrementati del 130% dal 2009. La Campania e la Basilicata detengono il record, tuttavia l’invecchiamento è un processo non lineare su tutto il territorio nazionale. I ricercatori ritengono che superati i 100 anni la curva della mortalità si blocca, definendo questo stallo “plateau di mortalità”.

Ossia dopo una certa età (spesso intorno agli 80-90 anni), l’aumento del rischio di morte si stabilizza, e la probabilità di “tirare le cuoia” diventa simile tra gli ultra-novantenni, piuttosto che crescere esponenzialmente, suggerendo una resilienza biologica in alcuni individui. La singolarità è rappresentata dalla constatazione che il 91% degli ultracentenari vivono in famiglia e non in strutture assistenziali, confermando che i rapporti familiari e amicali sono un autentico supporto benefico.

Più si invecchia e maggiormente i governi brancolano nel buio. A questo fenomeno si associa la denatalità con effetti devastanti, economici e sociali, sui già disastrati conti del welfare state. Con l’assenza di strutture e di benefici economici si è quasi costretti a tenere in casa chi raggiunge un’età ragguardevole. Il fenomeno non riguarda solo l’Italia ma è cresciuto rapidamente in tutti i Paesi dell’unione Europea (UE). Le stime suggeriscono che entro il 2050 la popolazione sarà composta da 500 mila persone di età pari a 100 anni e oltre.

Se si confrontano i dati col 2019, quando i centenari erano 96.600, è evidente il forte balzo effettuato in un solo trentennio o poco più. Per quanto riguarda il rapporto di centenari pro-capite, Grecia, Italia e Francia si ergono sopra gli altri Paesi. Il lato oscuro è, purtroppo per i cittadini, la miopia politica nazionale e internazionale. Per contrastare denatalità e invecchiamento la terapia è un mix di supporto economico alle famiglie, servizi per l’infanzia, conciliazione lavoro-vita privata e integrazione dei migranti.

Tutto questo ispirandosi a modelli come Francia e Svezia, con misure che vanno da assegni familiari a congedi parentali generosi, potenziamento degli asili nido e politiche attive per l’occupazione giovanile e femminile, oltre a promuovere stili di vita sani per gli anziani e un approccio culturale più inclusivo. 

Invece si pensa ad altro: incrementare risorse per la Difesa, mentre la grande evasione fiscale, pari a circa 100 miliardi di euro, non viene scalfita da alcun provvedimento radicale ed efficace!