Sequestri per oltre 5 milioni di euro: così il sodalizio avrebbe trasformato il denaro illecito in vincite mai avvenute.
Aosta – La Guardia di Finanza, su delega di questa Procura della Repubblica, ha dato esecuzione ad un’ordinanza di sequestro, emessa dal G.I.P., nei confronti di 33 indagati, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere, riciclaggio, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, ricettazione e corruzione di incaricato di pubblico servizio.
Oltre 150 finanzieri stanno eseguendo decine di perquisizioni sia in Valle d’Aosta che in Piemonte, Lombardia, Toscana, Molise, Sicilia, Calabria, Liguria, Puglia, Campania e Lazio, finalizzate a cautelare denaro contante, conti correnti, disponibilità finanziarie e immobili, sino alla concorrenza di oltre 5 milioni di euro che, secondo gli indizi fino ad oggi emersi, sarebbero provento di attività criminosa.
L’odierna attività scaturisce da complesse e articolate indagini di polizia giudiziaria condotte, anche mediante intercettazioni telefoniche, ambientali, video e telematiche, dal nucleo di polizia economico finanziaria, che hanno permesso di raccogliere un quadro indiziario relativo alla presenza di un sodalizio criminale dedito al riciclaggio di denaro, provento essenzialmente di delitti fiscali attribuibili, a livello gravemente indiziario, a tre società, operanti in Piemonte ed esercenti l’attività di commercio di materiale ferroso.
Secondo gli indizi raccolti l’associazione per delinquere, avvalendosi di un collaudato meccanismo fraudolento, avrebbe consentito alle aziende coinvolte di ottenere: un’indebita detrazione di imposte, costi fittizi finalizzati ad abbattere l’utile d’impresa e “drenare” fondi dalle stesse. Solo negli anni 2023 e 2024 gli indizi sino ad oggi raccolti hanno riguardato l’emissione e l’utilizzo di fatture false per oltre 3 milioni di euro.
Secondo il complesso indiziario fino ad oggi raccolto, una volta incassato l’importo della fattura falsa, la società emittente lo avrebbe trasferito sui conti personali di uno degli indagati che a sua volta si sarebbe occupato di riciclarlo presso la casa da gioco di San Vincent, mediante la compiacenza di due funzionari infedeli ottenendo, in tal modo, somme in contanti o “fiches” da restituire alle società che avevano annotato
le fatture.
Viene ad oggi contestata, l’infedele condotta di uno dei funzionari della casa da gioco che, in qualità di incaricato di pubblico servizio e in cambio un compenso di volta in volta concordato, avrebbe ricevuto da numerosi giocatori provenienti da ogni parte d’Italia, ingenti somme di denaro che, all’interno del proprio ufficio, avrebbe convertito in fiches o strumenti finanziari tracciabili simulando vincite, in realtà, mai avvenute e celandone, in tal modo, anche l’eventuale origine illecita.