Un ex agente bosniaco rivela i viaggi a pagamento partiti da Trieste per sparare sui civili. Uccidere minori costava di più. La Procura di Milano indaga per omicidio plurimo aggravato.
Milano – Trentadue anni dopo emergono dettagli agghiaccianti su uno dei capitoli più oscuri della guerra nell’ex Jugoslavia. Gli agenti del Sismi, l’ex servizio segreto militare italiano, avrebbero scoperto all’inizio del 1994 che dalla città di Trieste partivano i cosiddetti “safari umani”: viaggi a pagamento che permettevano a facoltosi stranieri, tra cui almeno cinque italiani, di sparare sui civili indifesi durante l’assedio di Sarajevo. E sarebbero riusciti a fermarli.
La rivelazione arriva da un ex agente dell’intelligence bosniaca, identificato con nome e cognome, che ha raccontato la vicenda allo scrittore Ezio Gavazzeni. Quest’ultimo ha depositato nei mesi scorsi un esposto alla Procura di Milano. Il PM Alessandro Gobbis ha aperto un fascicolo per omicidio volontario plurimo aggravato da motivi abietti e crudeltà. Le indagini sono affidate ai carabinieri del Ros.
“Caro Ezio, i servizi bosniaci hanno saputo del ‘safari’ alla fine del 1993”, scrive l’ex 007 in un carteggio via email con lo scrittore. “Tutto questo è successo nell’inverno 1993/94. Abbiamo informato il Sismi all’inizio del 1994 e ci hanno risposto in 2-3 mesi: ‘Abbiamo scoperto che il safari parte da Trieste. L’abbiamo interrotto e il safari non avrà più luogo'”.
Secondo la fonte di Gavazzeni, dopo quella comunicazione “il servizio bosniaco non ebbe più informazioni” sul ripetersi di queste spedizioni a Sarajevo. “Non abbiamo ottenuto dal Sismi i nomi dei cacciatori o degli organizzatori”, prosegue l’ex agente, aggiungendo che “dovrebbe esserci un documento del Sismi che attesta che nella prima metà del 1994 a Trieste hanno scoperto il punto da cui parte il safari e che hanno interrotto l’operazione”. Resta però il mistero su cosa sia accaduto dopo: “Non abbiamo mai avuto dettagli, non sappiamo se qualcuno sia stato arrestato”.
L’intelligence bosniaca aveva scoperto l’esistenza di questi “turisti della morte” attraverso l’interrogatorio di un volontario serbo catturato. “Ha testimoniato che 5 stranieri hanno viaggiato con lui da Belgrado alla Bosnia-Erzegovina. Almeno tre di loro erano italiani”, rivela l’ex 007 nelle comunicazioni con Gavazzeni. Si trattava di un uomo di Torino, uno di Milano – proprietario di una clinica privata specializzata in chirurgia estetica – e uno di Trieste.

Il meccanismo era rodato: i “clienti” volavano con una compagnia aerea serba e all’arrivo a Belgrado trovavano persone ad attenderli che li trasportavano in elicottero verso le destinazioni finali. C’era un “passaggio di denaro, da una parte in chiaro, dall’altra in nero”, spiega Gavazzeni nel suo esposto. “È difficile pensare che questo tipo di traffico non sia stato registrato dai nostri servizi e che non ci siano delle informative, rapporti e comunicazioni in merito”.
La documentazione esisterebbe ma sarebbe inaccessibile. “Temo che non sia possibile trovare la corrispondenza tra il Sismi e i servizi segreti bosniaci”, ammette l’ex 007. “Non sono riuscito a trovarla negli archivi militari di Sarajevo, i documenti sono classificati come Top Secret e solo la Corte che potrebbe trattare il caso può avervi accesso”. Gavazzeni spiega che “le comunicazioni tra le intelligence bosniaca e italiana erano frequenti” e che negli archivi bosniaci “si trova l’incartamento, ma è stato tutto secretato”.
Anche l’ex sindaca di Sarajevo, Benjamina Karic, ha presentato un esposto alla magistratura bosniaca per ottenere l’accesso alla documentazione, finora senza risultati. Lo scrittore ha quindi chiesto agli inquirenti milanesi di verificare se in Italia, negli archivi del Sismi, esista copia di quei documenti, che “potrebbero contenere dei nomi” dato che i servizi sarebbero stati in grado “di dissuadere i cacciatori italiani dal continuare”.
Negli atti dell’inchiesta milanese figura anche un tariffario dell’orrore emerso dalle testimonianze: “I bambini costavano di più, poi gli uomini, meglio in divisa e armati, le donne e infine i vecchi che si potevano uccidere gratis”. Un dettaglio confermato dall’ex sindaca di Sarajevo che nel 2022, citando la testimonianza di un anonimo ufficiale dei servizi segreti sloveni, aveva riferito di compensi più alti per sparare ai bambini, circostanza a cui il testimone avrebbe “assistito personalmente mentre ascoltava gli attori di questo evento, ricchi stranieri amanti di queste imprese disumane”.
I “cecchini del weekend” erano persone facoltose, appassionati di caccia e armi spesso vicini all’estrema destra. La copertura dell’attività venatoria serviva per portare i gruppi fino a Belgrado senza destare sospetti. Secondo i servizi bosniaci, dietro l’organizzazione ci sarebbe stato il servizio di sicurezza statale serbo con le infrastrutture dell’ex compagnia aerea nazionale di charter e turismo. Un ruolo chiave lo avrebbe svolto Jovica Stanišić, poi condannato per crimini di guerra.
L’inchiesta del PM Gobbis, condotta dal Ros dei carabinieri, è partita formalmente nelle scorse ore con un vertice tra inquirenti e investigatori. Sono già iniziate le acquisizioni degli atti del Tribunale penale internazionale dell’Aia sull’ex Jugoslavia relativi ai crimini commessi durante l’assedio di Sarajevo tra il 1992 e il 1996, che causò oltre 11mila vittime.

L’ex agente bosniaco conclude la sua testimonianza con un monito inquietante: “Sono sicuro che simili spedizioni turistiche di cecchini vengono organizzate ancora oggi sui campi di battaglia attuali in Ucraina e in Libano”. Secondo lui sarebbe già successo durante i quindici anni di guerra civile libanese tra il 1975 e il 1990.
Ora spetterà agli inquirenti fare luce su questa pagina oscura, verificando se davvero esistono documenti che provino la presenza dei nostri connazionali a questi viaggi dell’orrore e, soprattutto, se è possibile identificare e perseguire chi trasformò l’assedio di Sarajevo in un macabro safari umano.