La resistenza della Divisione Acqui diventa simbolo del rifiuto italiano alla sottomissione nazista.
Cefalonia – Nel cuore del mar Ionio, su un’isola greca battuta dai venti, si consumò nell’autunno del 1943 una delle pagine più drammatiche e significative della Seconda Guerra Mondiale. Non fu una battaglia strategica a cambiare le sorti del conflitto, né un’operazione che avrebbe fatto la differenza sul piano militare globale. Fu invece un episodio che rivelò la complessità morale di una guerra dove le alleanze si sfaldavano e gli uomini dovevano scegliere da che parte stare, spesso pagando con la vita.
La Divisione Acqui era arrivata a Cefalonia nella primavera del 1941, già segnata dalle perdite subite durante la fallimentare campagna di Grecia voluta da Mussolini. Quegli 11.500 soldati e ufficiali si erano adattati alla vita di guarnigione sull’isola, convivendo pacificamente con i reparti tedeschi dislocati nei punti strategici. Per oltre due anni, italiani e tedeschi avevano collaborato, condotto esercitazioni congiunte, condiviso la routine militare di un’occupazione che sembrava consolidata.
L’8 settembre 1943 tutto cambiò in poche ore. L’annuncio dell’armistizio firmato dal governo Badoglio con gli Alleati frantumò quella quotidianità, trasformando alleati di ieri in potenziali nemici. I soldati italiani si trovarono improvvisamente in una terra di nessuno morale e militare, senza ordini chiari da Roma, senza sapere quale fosse il loro dovere.
L’ultimatum tedesco arrivò secco e categorico: resa immediata o conseguenze. Ma il generale Antonio Gandin e i suoi uomini fecero una scelta che avrebbe segnato per sempre la loro memoria storica. Scelsero di resistere, di combattere contro quelli che fino al giorno prima erano stati loro compagni d’armi. Non fu una decisione presa a cuor leggero, né dettata da calcoli strategici. Fu la scelta di chi decise di rimanere fedele a un’idea di onore militare che andava oltre le alleanze politiche del momento.

I combattimenti che seguirono furono feroci e impari. Da una parte una divisione italiana isolata, priva di collegamenti e rifornimenti adeguati; dall’altra la macchina bellica tedesca con il supporto dell’aviazione e rinforzi continui. Per giorni Cefalonia fu teatro di scontri sanguinosi che costarono la vita a tremila soldati italiani. Il 22 settembre, con le munizioni agli sgoccioli e la situazione ormai insostenibile, Gandin issò la bandiera bianca.
Ma la resa non portò la salvezza. Hitler in persona ordinò che i soldati italiani fossero trattati come traditori e passati per le armi. Iniziò così un massacro sistematico che si protrasse per giorni. Circa 5.000 militari e oltre cento ufficiali furono fucilati sommariamente. Lo stesso generale Gandin fu giustiziato il 24 settembre, insieme ai suoi ufficiali superiori.
La tragedia non si fermò a Cefalonia. I sopravvissuti, circa 6.500 uomini, furono caricati su navi dirette verso i campi di prigionia. Di quattro imbarcazioni, tre affondarono causando altri 1.300 morti. Chi sopravvisse al viaggio affrontò mesi di deportazione in condizioni disumane, stipati “oltre ogni limite di sicurezza” sui treni diretti verso l’Europa dell’Est. Molti finirono poi nei campi sovietici, alcuni spinti fino in Siberia dopo la cattura da parte dell’Armata Rossa.

La vicenda della Divisione Acqui a Cefalonia rappresenta molto più di un episodio bellico. È il simbolo di una scelta morale compiuta in un momento di estrema confusione, quando le certezze politiche e militari erano crollate. Quegli uomini decisero di non arrendersi non per calcolo politico o strategico, ma per un senso di dignità che andava oltre le contingenze del momento.
Oggi, a ottant’anni di distanza, interrogarsi sulla correttezza delle scelte del generale Gandin appare meno importante che preservare la memoria di quegli eventi. La ricerca storica continua a riportare alla luce nuovi documenti, testimonianze, dettagli che arricchiscono la comprensione di quei giorni drammatici. Ma il valore simbolico di Cefalonia rimane intatto: è la storia di uomini che, di fronte al collasso di tutto ciò in cui avevano creduto, scelsero di rimanere fedeli a se stessi, pagando il prezzo più alto.