Tra incrementi retroattivi e vitalizi generosi, il contrasto con la crisi delle famiglie italiane è sempre più stridente.
Lombardia/Trentino Alto-Adige – Mentre i lavoratori scendono in piazza per difendere diritti e salari e milioni di famiglie italiane fanno i conti con l’aumento del costo della vita, in alcune regioni a guida o forte influenza leghista la politica sembra muoversi in direzione opposta. Aumenti strutturali delle indennità, arretrati da decine di migliaia di euro e vitalizi d’oro continuano a riempire le buste paga degli amministratori locali e degli ex consiglieri.
Trentino-Alto Adige: gli arretrati e l’aumento delle indennità
In Trentino-Alto Adige, un emendamento promosso dal consigliere leghista Mirko Bisesti ha scatenato forti polemiche. Nell’ambito delle modifiche al trattamento economico dei consiglieri regionali, sono stati erogati arretrati per gli anni 2022 e 2023, con importi che per alcuni eletti hanno raggiunto i 19.000 – 20.000 euro lordi.
Ma non si tratta di una tantum: dal 2025 scatterà anche un aumento strutturale dell’indennità mensile pari a 1.117 euro lordi, che porterà lo stipendio complessivo dei consiglieri oltre gli 11.000 euro mensili lordi.
A questi si sommano rimborsi forfettari di circa 825 euro al mese, concessi a prescindere dall’effettivo utilizzo, un privilegio che ha suscitato l’indignazione di opposizioni e associazioni locali – come le Acli trentine – che hanno chiesto ai consiglieri di devolvere gli aumenti a favore delle famiglie in difficoltà. A oggi, tuttavia, nessuno degli eletti ha pubblicamente aderito all’appello.
Le regioni a statuto speciale possono gestire autonomamente ingenti risorse pubbliche senza controlli esterni efficaci. Questo permette operazioni come quella orchestrata dalla Lega, che in un colpo solo ha distribuito milioni di euro ai propri rappresentanti politici.
La giustificazione dell’“adeguamento all’inflazione” appare particolarmente forzata in un momento in cui l’inflazione sta pesando drammaticamente sui bilanci delle famiglie italiane, che non vedono certo i loro stipendi adeguarsi automaticamente al carovita.
Lombardia: vitalizi per gli ex consiglieri
Anche in Lombardia, il tema dei vitalizi agli ex consiglieri regionali continua a sollevare critiche. Si tratta di cifre ben al di sopra del reddito medio italiano. Secondo il bilancio 2024 del Consiglio Regionale lombardo, alcuni ex consiglieri ricevono vitalizi lordi annui che oscillano tra i 54.000 e gli 88.000 euro, equivalenti a circa 4.500/7.000 euro lordi al mese.
Tra i beneficiari vi sono anche ex esponenti politici coinvolti in vicende giudiziarie, tra cui: un ex assessore regionale alla Sanità, condannato per il caso Maugeri, che ha ricevuto un vitalizio superiore a 68.000 euro lordi annui, pur avendo causato – secondo la Corte dei Conti – un danno erariale milionario.
Un ex vicepresidente del Consiglio regionale, coinvolto in vicende legate a rimborsi illeciti e traffico di rifiuti, al quale è stata riconosciuta una liquidazione da oltre 300.000 euro e un vitalizio attivo da anni.
Un ex tesoriere della Lega, noto per il suo coinvolgimento nel caso Enimont negli anni ’90, il cui vitalizio lordo mensile si attesta attorno ai 3.600/3.700 euro.
Nonostante i trascorsi giudiziari, non tutti i vitalizi sono stati sospesi. In Lombardia, infatti, le regole per la sospensione o revoca non sono automatiche e variano in base alla gravità delle condanne o alla presenza di ricorsi. Inoltre, non tutti gli atti di riattivazione sono trasparenti o facilmente consultabili nei documenti ufficiali.
Mentre il governo predica austerità e tagli alla spesa pubblica, mentre i servizi essenziali soffrono di sottofinanziamento cronico, mentre migliaia di lavoratori perdono il posto, la classe politica si concede aumenti milionari.
Soltanto tra Trentino e Lombardia, si parla di diversi milioni di euro all’anno di aggravio per le finanze pubbliche. Soldi che potrebbero finanziare servizi sociali, investimenti in sanità e istruzione, o sostegni alle famiglie in difficoltà. Invece vanno ad arricchire ulteriormente una classe politica già ampiamente privilegiata, compresi personaggi con condanne definitive per reati contro la pubblica amministrazione. Un paradosso che racconta molto dello stato della democrazia italiana e della distanza siderale tra chi governa e chi è governato.