La Corte d’Appello di Bologna ha depositato le motivazioni dell’ergastolo a genitori e cugini: “Decisione assunta per punire il desiderio di autonomia della ragazza”.
Bologna – L’omicidio di Saman Abbas non fu un delitto d’impeto, ma un atto studiato e voluto. A stabilirlo, la Corte d’assise d’appello di Bologna, che ha depositato le motivazioni della condanna all’ergastolo per i genitori della 18enne pachistana e per due cugini, mentre allo zio è stata inflitta una pena di 22 anni di carcere.

La sentenza, che aveva ribaltato parzialmente il verdetto di primo grado lo scorso aprile 2025, trova ora piena motivazione nelle 200 pagine depositate dai giudici. Secondo la Corte, “la decisione di eliminare Saman fu assunta dal clan familiare con fredda lucidità”, dopo aver ritenuto insopportabile il desiderio della giovane di vivere libera e autonoma.
Un delitto familiare pianificato
L’uccisione della 18enne pachistana fu decisa con lucidità e pianificata per punire il desiderio di libertà della ragazza, scrivono i giudici nelle motivazioni. Il tribunale di secondo grado ha riconosciuto le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi, delineando un quadro di violenza familiare sistematica contro una giovane donna che aveva osato sfidare le tradizioni imposte.
Saman Abbas, poco più che maggiorenne, aveva rifiutato un matrimonio combinato in Pakistan e sognava una vita lontana dalle imposizioni familiari, insieme al ragazzo di cui era innamorata, Ayub Saqib.

La ragazza scomparve da Novellara (Reggio Emilia) nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021. Il suo corpo fu ritrovato nel settembre 2021, sepolto a tre metri di profondità, ben conservato e con gli stessi abiti dell’ultima volta in cui fu vista.
Il ribaltamento della sentenza di primo grado
La sentenza d’appello ha rappresentato una svolta significativa nel caso. Il 19 dicembre 2023, la Corte di primo grado aveva emesso l’ergastolo per i genitori Shabbar e Nazia, 14 anni per lo zio Danish, e l’assoluzione per i cugini Ikram e Noman.
Il 18 aprile 2025, la Corte d’Appello di Bologna ha ribaltato in parte il verdetto, confermando l’ergastolo per i genitori ed estendendo la stessa pena ai cugini Ikram Ijaz e Noman Ulhaq, aumentando inoltre la pena dello zio Danish Hasnain a 22 anni.
L’accusa: “Condannata a morte da tutta la famiglia”
Durante il processo d’appello, la Procura generale di Bologna aveva chiesto l’ergastolo per tutti e cinque i familiari imputati, definendo Saman “condannata a morte da tutta la famiglia“. Un’impostazione che i giudici hanno sostanzialmente accolto, riconoscendo la responsabilità collettiva del nucleo familiare nell’omicidio.

“Saman è stata assassinata per motivi abietti, in una dinamica di gruppo, con premeditazione e freddezza”, ha affermato la Corte nel dispositivo della sentenza d’appello, sottolineando la natura particolarmente grave del delitto.
Dopo la sentenza d’appello, i cugini di Saman Abbas, condannati all’ergastolo, sono stati arrestati e sono attualmente detenuti nel carcere di Reggio Emilia. I due erano stati inizialmente assolti in primo grado ma la Corte d’Appello ha ritenuto provata la loro partecipazione al delitto.