Il leader di Azione boccia l’alleanza: “Fico è il male del Paese”, sì solo a Decaro e al Veneto.
Cernobbio – La tradizionale giornata delle opposizioni al Forum Ambrosetti di Cernobbio si è trasformata in un campo di battaglia politico, con Carlo Calenda nel ruolo del guastafeste che spezza definitivamente il sogno del campo largo unitario.
Mentre Elly Schlein, Angelo Bonelli e Matteo Renzi predicavano compattezza per le prossime regionali, il leader di Azione ha sferrato un attacco frontale contro la sinistra italiana.
La giornata si è aperta con un dato che ha gelato le ambizioni dell’opposizione: oltre l’80% dei manager e imprenditori presenti giudica positivamente l’operato del governo Meloni a metà mandato. Un risultato che Calenda ha spiegato con la stabilità finanziaria garantita dall’esecutivo e la coerenza sulla politica internazionale europea.
La segretaria democratica ha invece puntato il dito contro l’interventismo governativo nel “risiko bancario”, mentre Bonelli ha rilanciato la battaglia sugli extraprofitti bancari, trovando paradossalmente convergenze con posizioni leghiste.
Rottura totale sulle candidature regionali
Nonostante la presenza unitaria del centrosinistra in tutte e sei le prossime competizioni elettorali regionali, Calenda ha annunciato la propria defezione dalla maggior parte delle partite. Il leader di Azione ha definito Roberto Fico, candidato in Campania, come “quasi il male assoluto del Paese” e ha bocciato le alleanze in Calabria e Toscana, come riporta l’Huffingtonpost.
L’unico sostegno esplicito andrà ad Antonio Decaro in Puglia, definito un “riformista serio”, e al candidato del Pd in Veneto. Per il resto, Calenda ha chiarito di non voler essere della partita dove si propongono “no ai termovalorizzatori e sì al reddito di cittadinanza”.
Il leader di Azione ha delineato due possibili scenari per future alleanze: un avvicinamento a Giorgia Meloni qualora dovesse abbandonare Salvini per diventare una “liberale conservatrice”, oppure un ritorno della sinistra alla “linea Gentiloni” per collaborazioni su temi importanti.
La rottura consuma definitivamente le speranze di un fronte progressista compatto, lasciando il centrosinistra diviso proprio mentre cerca di presentarsi come alternativa credibile al governo di destra.