L’imprenditore siciliano che disse “no” al pizzo viene commemorato oggi a Palermo. La figlia Alice: “La società civile sembra disinteressata alla lotta alla mafia”
Palermo – Il 29 agosto 1991, alle 7:45 del mattino, in via Alfieri a Palermo, veniva assassinato Libero Grassi. Oggi, a 34 anni esatti da quel tragico evento che scosse l’Italia, Palermo ricorda l’imprenditore che ebbe il coraggio di dire “no” al pizzo, pagando con la vita la sua battaglia per la legalità e la dignità imprenditoriale.
Un uomo contro il sistema
Libero Grassi nacque a Catania nel 1924, in una famiglia antifascista. Il nome stesso portava in sé un messaggio di libertà: fu chiamato così in memoria di Giacomo Matteotti, il deputato socialista assassinato dai fascisti poco più di un mese prima della sua nascita. A otto anni si trasferì con la famiglia a Palermo, dove completò gli studi al liceo Vittorio Emanuele.
Dopo un periodo a Roma per evitare il servizio militare durante la Seconda guerra mondiale – entrando perfino in seminario – Grassi tornò a Palermo per iscriversi a Giurisprudenza. Negli anni Cinquanta mise in piedi un’azienda a Gallarate con il fratello Pippo, inserendosi nell’ambiente della borghesia industriale milanese. Ma fu il ritorno in Sicilia a segnare il suo destino: fondò a Palermo la MIMA, azienda specializzata nella produzione di biancheria da donna che arrivò ad impiegare 250 operai e divenne una delle più importanti d’Italia nel settore.
La lettera che cambiò tutto
Gli anni Ottanta portarono con sé i primi problemi economici per l’azienda e le prime intimidazioni della mafia siciliana. Cosa Nostra chiese a Grassi il pagamento del pizzo: 50 milioni di lire. La risposta dell’imprenditore fu netta e pubblica. Il 10 gennaio 1991 pubblicò sul Giornale di Sicilia una lettera aperta in cui spiegava il suo rifiuto, denunciando gli estorsori e chiedendo la protezione delle forze dell’ordine.

L’11 aprile dello stesso anno, ospite della trasmissione Samarcanda condotta da Michele Santoro su Rai Tre, Grassi dichiarò con determinazione: “Io non sono pazzo, non mi piace pagare, è una rinunzia alla mia di dignità di imprenditore”. Quell’intervista lo rese celebre in tutta Italia come simbolo della resistenza alla mafia ma lo espose anche a maggiori pericoli.
L’assassinio
La mattina del 29 agosto 1991, mentre si recava a piedi al lavoro, Libero Grassi fu ucciso a colpi di pistola in via Alfieri. Il suo assassinio scosse profondamente l’opinione pubblica italiana. Il 20 settembre dello stesso anno, Michele Santoro e Maurizio Costanzo organizzarono una serata commemorativa trasmessa simultaneamente su Rai e Mediaset.

Gli assassini, i mafiosi Salvino Madonia e Marco Favaloro, furono successivamente arrestati e condannati. Ma il prezzo pagato da Grassi non fu vano: la sua storia contribuì a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di opporsi al racket delle estorsioni.
La commemorazione di oggi e l’amaro bilancio
Anche quest’anno, 34 anni dopo quell’omicidio, Palermo ha commemorato Libero Grassi. Come ogni anno, i figli Davide e Alice Grassi, insieme al nipote Alfredo, in via Alfieri hanno incollato alla parete un manifesto e verniciato di rosso il luogo dove è stato trovato l’imprenditore assassinato.
Nel manifesto che i figli affiggono ogni anno si legge: “Il 29 agosto 1991 qui è stato assassinato Libero Grassi, imprenditore, uomo coraggioso, ucciso dalla mafia, dall’omertà dell’associazione degli industriali, dall’indifferenza dei partiti, dall’assenza dello Stato”.
Alla commemorazione ha partecipato l’assessore regionale ai Beni culturali Francesco Scarpinato, che su delega del presidente della Regione Sicilia Renato Schifani ha sottolineato come “Libero Grassi ha avuto il coraggio di opporsi alla mafia per difendere la sua libertà di cittadino e di imprenditore. Ha lanciato un messaggio potente di legalità che ha attraversato le generazioni e che ha contribuito a cambiare la Sicilia”.
L’allarme della figlia Alice
Ma dalle parole di Alice Grassi, figlia dell’imprenditore assassinato, emerge un quadro preoccupante sulla situazione attuale. “Oggi molti fingono che la mafia non esista più. Ma Cosa nostra è viva e prospera anche nelle ricche città del Nord”, ha dichiarato in un’intervista.
Alice Grassi ha lanciato un monito durante la commemorazione: “Sul fronte della lotta al racket e alla mafia noto un appiattimento rispetto alle reazioni avute dopo le stragi e le tante morti, tra cui quella di mio padre. Nelle scuole vedo tanta ignoranza, nel senso di ignorare”.

La figlia dell’imprenditore palermitano denuncia quello che definisce un “disinteresse dilagante” nella società civile e un’antimafia “parolaia” tra i ranghi della politica. “Sono cambiate molte cose, ma la mafia è ancora ben presente e lo Stato spesso fatica ad offrire alternative ai suoi guadagni facili, la società civile mi sembra disinteressata”, ha affermato.
Tra le promesse non ancora mantenute c’è la realizzazione del parco urbano intitolato a Libero Grassi. “Ad aprile abbiamo ricevuto una lettera da parte dell’assessore comunale Piero Alongi che ci chiedeva di collaborare alla progettazione”, racconta Alice Grassi ma ogni anno la commemorazione sembra trovare il progetto sempre sulla carta.
La figura di Libero Grassi rimane oggi più che mai attuale. La sua storia ha contribuito a far nascere movimenti come Addiopizzo, che oggi riunisce commercianti e cittadini che si oppongono al racket delle estorsioni.
Come ricordava lo stesso Grassi, “i soldi servono a essere liberi”. Una frase che racchiude tutta la filosofia di vita di un uomo che ha preferito la libertà e la dignità alla sottomissione, pagando con la vita la sua coerenza.