Dopo il progressivo allungarsi dell’aspettativa di vita negli ultimi decenni, ora il trend pare essersi allentato. La colpa è delle mutate condizioni ambientali e socio-economiche, ma anche di tagli alla sanità.
Si è diffusa l’idea che nelle società attuali si vive più a lungo, al punto da trasformarsi in un leitmotiv, determinando un aumento dell’aspettativa di vita. Quest’ultimo è un concetto chiave in demografia e sanità pubblica, in quanto fornisce informazioni sulla durata media della vita di una popolazione in un certo periodo di tempo. Viene calcolata tenendo conto dei tassi di mortalità, che indicano la probabilità di morte per un determinato gruppo di età.
E’ influenzata da una serie di fattori: condizioni di salute, per cui un miglioramento delle cure mediche e della prevenzione può portare a un aumento dell’aspettativa di vita; condizioni sociali, secondo cui il livello di sviluppo economico e sociale di un paese può influire sulla salute e, quindi, vivere più a lungo; condizioni ambientali, tra cui l’inquinamento e la tossicità possono avere un impatto negativo sulla salute e sull’aspettativa di vita.

Tuttavia, alcuni esperti ritengono che l’allungamento dell’aspettativa di vita possa essere veritiero fino al 2011, anno che chiude un ciclo favorevole iniziato nel 1990, in cui si verificò una diminuzione di decessi per problemi cardiovascolari e tumori.
E’ comprensibile, in questo contesto, una crescita dell’aspettativa di vita. Dopo questa data, il ciclo crescente ha rallentato, anche se in modalità diverse tra i vari Paesi. Il Nord-Europa è riuscito a mantenere gli stessi livelli, malgrado la pandemia. In altri Stati tutti i fattori di rischio, disturbi cardiovascolari, tumori, obesità, colesterolo e livelli eccessivi di pressione arteriosa, si sono consolidati. Queste analisi sono state diffuse da uno studio dell’Università dell’East Anglia, Norwich, Regno Unito, che ha evidenziato l’inasprimento dovuto al Covid-19.

L’indagine si è basato sui dati di oltre 30 anni di verifiche a cura del Global Burden of Disease 2021, il più corposo studio sulla perdita di salute nel tempo e nelle diverse aree geografiche, tra il 1990 e il 2021. Per i Paesi europei i killer sono state le patologie cardiovascolari e i tumori, con predominanza delle prime. Con la pandemia, la mortalità è stata provocata dalle infezioni respiratorie. E’ ovvio che l’impatto è stato diverso per ogni Paese, tuttavia la tendenza dominante nel ventennio considerato è stata l’obesità. La ricerca ha confermato che i farmaci non sono stati sufficienti a frenare i fattori di rischio, che continuano a imperversare a causa di uno stile di vita poco salutare e con pochissime pratiche sportive.
Ma com’è messo il Belpaese, noto per la dieta mediterranea e per l’eccellente enogastronomia? Ebbene, secondo gli studiosi, l’aspettativa di vita è tra le più alte a livello globale, grazie ad un sistema sanitario universale e al diffondersi degli stili di vita salubri. Ma la pandemia ci ha messo lo zampino, provocandone la netta riduzione. Inoltre, c’è stata una brusca frenata nella lotta contro i tumori e le malattie cardiovascolari rispetto al periodo antecedente.
Tutti ricordiamo che le strutture sanitarie furono monopolizzate dalla lotta contro il perfido virus, il famigerato Covid-19, tralasciando a tempi migliori tutte le altre patologie, anche quelle gravi. Ora, forse gli autori della ricerca non sono a conoscenza che negli ultimi anni le risorse finanziarie verso la sanità sono state sempre più ridotte, con carenza di personale infermieristico e medico con retribuzioni, inoltre, più basse dei colleghi europei. Ossia la sanità sta collassando. Di questo passo, l’aspettativa di vita nel nostro Paese non potrà che subire una netta contrazione.