L’ex barista che ha ucciso la fidanzata e il bimbo che portava in grembo è stato condannato in primo grado all’ergastolo. La difesa contesta le aggravanti di crudeltà e premeditazione.
Milano – Sarà celebrata il 25 giugno la prima udienza del processo di appello per Alessandro Impagnatiello, il 30enne barman condannato all’ergastolo per l’omicidio della compagna incinta, Giulia Tramontano, avvenuto nel maggio 2023 a Senago (Milano). La Corte d’Assise di primo grado aveva riconosciuto le aggravanti di crudeltà e premeditazione, ritenendo pienamente provato che l’omicidio fosse stato pensato e tentato per mesi. Ora la difesa tenta di ribaltare, almeno in parte, quella ricostruzione.
L’obiettivo della difesa: togliere le aggravanti
Le avvocate di Impagnatiello, Giulia Geradini e Samantha Barbaglia, chiedono che la Corte d’Appello riconosca al loro assistito le attenuanti generiche. In parallelo, puntano alla rimozione delle due aggravanti più gravi: crudeltà e premeditazione. L’accesso alla giustizia riparativa — pur senza impatto sulla pena dell’ergastolo — rappresenta un altro degli obiettivi procedurali della difesa.
Tra le argomentazioni presentate, la difesa sottolinea la “condotta grossolana” di Impagnatiello dopo l’omicidio: il 30enne, ricordano le legali, avrebbe tentato di bruciare il corpo di Giulia nella vasca da bagno, un comportamento che secondo loro contrasta con l’immagine di “freddo stratega” descritta dall’accusa.
Le motivazioni della sentenza: un omicidio meditato per sei mesi
Diversa è però la ricostruzione dei giudici della Corte d’Assise di Milano, le cui motivazioni sono state depositate a febbraio. Per i magistrati, Impagnatiello avrebbe premeditato l’omicidio per almeno sei mesi, tentando ripetutamente di avvelenare la compagna incinta con veleno per topi e ammoniaca. A dimostrarlo, anche una lunga serie di ricerche online: “come avvelenare una donna incinta”, “effetti del veleno per topi sull’uomo”, “quanto veleno per uccidere una persona”.
Il delitto, secondo la sentenza, si sarebbe consumato dopo che Giulia aveva scoperto la doppia vita del compagno, venendo a conoscenza della sua relazione parallela con una collega. Quella sera, rientrando a casa, fu aggredita da Impagnatiello con 37 coltellate, 11 delle quali inferte mentre era ancora viva e con il bambino in grembo al settimo mese di gravidanza.
“La vittima – scrive la Corte – ha senz’altro realizzato, sebbene per pochi secondi, che insieme con lei moriva anche il nascituro, provocando una sofferenza ulteriore”.