Armi e droga, blitz a Roma con 26 arresti: smantellata la rete che dominava le piazze di spaccio [NOMI | VIDEO]

Da Tor Bella Monaca a Primavalle, il clan cercava il monopolio della cocaina nella Capitale: prezzi imposti e violenza sistematica contro chi non si piegava.

Roma – Un duro colpo al cuore del narcotraffico romano è stato inferto questa mattina dai carabinieri del Comando Provinciale che hanno arrestato 26 persone nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia. L’indagine ha smantellato una rete criminale che riforniva le piazze di spaccio più ricche della Capitale – da Tor Bella Monaca al Quarticciolo, fino a Primavalle – con un giro d’affari da decine di milioni di euro al mese. I reati contestati, a vario titolo, includono associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione e spaccio, porto illegale di armi da guerra e rapina.

Al vertice del sodalizio, secondo gli inquirenti, ci sarebbero Giuseppe Molisso e Leandro Bennato, entrambi già detenuti per altri gravi crimini: Molisso per l’omicidio dell’albanese Selavdi Shehaj e il tentato omicidio dei fratelli Costantino; Bennato per aver sottoposto a sequestro e seviziato Gualtiero Giombini e Christian Isopo al fine di recuperare circa un quintale di cocaina che gli era stata sottratta. Entrambi sarebbero inoltre storicamente legati al pluripregiudicato Michele Senese, figura di spicco della criminalità romana. Il gruppo, operativo in quartieri come Quadraro, Cinecittà, Tuscolano, Giardinetti e Casalotti, non si sarebbe limitato a gestire un clan dedito al narcotraffico, ma avrebbe puntato a un obiettivo più ambizioso: unificare le principali piazze di spaccio della città sotto il proprio controllo. La cocaina, importata prevalentemente da due fornitori albanesi, veniva imposta a prezzi più alti, sfruttando una posizione dominante conquistata con la violenza.

Dotata di un arsenale che includeva armi da guerra e bombe a mano, l’organizzazione si sarebbe distinta per la sua pericolosità e per il ricorso sistematico a intimidazioni contro chi non si piegava alle regole imposte dai capi. “Un gruppo agguerrito e strutturato, capace di trasformare Roma in un mercato monopolistico della droga”, ha commentato un investigatore vicino all’inchiesta, che ha preso le mosse da attività investigative durate mesi.

L’operazione, scattata all’alba, ha visto i carabinieri eseguire decine di perquisizioni in tutta Roma e provincia, con il supporto di unità cinofile ed elicotteri. Oltre ai 26 arresti, è stato disposto il sequestro preventivo di beni per un valore di circa 5 milioni di euro, tra immobili, auto di lusso e conti correnti nella disponibilità diretta dei principali indagati, finalizzato alla confisca. Tra i quartieri coinvolti, Tor Bella Monaca e Primavalle emergono come epicentri di un traffico che, secondo le stime, generava profitti milionari ogni mese, alimentando un’economia parallela nella periferia romana.

Le indagini hanno rivelato come Molisso e Bennato, pur trovandosi in carcere, continuassero a dirigere le operazioni attraverso una rete di fedelissimi. La loro strategia si basava non solo sull’approvvigionamento di droga, ma anche sull’imposizione di un controllo ferreo sulle piazze, ottenuto con minacce, pestaggi e l’uso ostentato di armi. “Chi non pagava o cercava altri fornitori veniva punito senza esitazione”, ha spiegato una fonte investigativa. La cocaina albanese, di alta qualità, veniva distribuita in quantità massicce, consolidando il potere del clan in un mercato sempre più competitivo.

Più in dettaglio, ecco come funzionava, secondo gli inquirenti, il monopolio della droga. Molisso e Bennato non si sarebbero limitati a dare vita a uno stabile e agguerrito clan finalizzato al narcotraffico ma avrebbero raggiunto l’ambizioso scopo di riunire le più importanti piazze di spaccio della capitale, imponendo ai capi piazza la fornitura di cocaina, peraltro a prezzi più elevati, importata prevalentemente da due fornitori albanesi di straordinarie capacità, Altin SINOMATI e Renato MUSKA. 
MOLISSO e BENNATO, storicamente contigui al noto Michele SENESE potevano contare sulla fedeltà assoluta di queste persone: 

  • Emanuele SELVA, che si occuperebbe della detenzione, taglio, trasporto e commercializzazione delle sostanze stupefacenti, intervenendo, su ordine di MOLISSO, con azioni violente a difesa delle piazze di spaccio rifornite dall’organizzazione; 
  • Marco DESIDERI, che oltre a detenere, trasportare e commercializzare le sostanze stupefacenti, gestirebbe in prima persona almeno una piazza di spaccio per la quale si rifornisce stabilmente attraverso i canali dell’organizzazione; 
  • Guido CIANFROCCA, cognato di MOLISSO, che si occuperebbe dell’approvvigionamento, del trasporto, della vendita di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti e della riscossione dei relativi proventi, nonché del trasporto delle armi dell’organizzazione; 
  • Raul Esteban CALDERON (condannato in primo grado poiché ritenuto l’esecutore dell’omicidio dell’albanese Selavdi SHEHAJ e del tentato omicidio dei fratelli COSTANTINO, nonché imputato nel processo per l’omicidio di Fabrizio PISCITELLI poiché ritenuto il killer), compartecipe in importanti scelte strategiche del sodalizio criminale, non si sarebbe limitato alla detenzione e alla cessione di diversi chili di cocaina, bensì si sarebbe attivato per il rinvenimento di ulteriori canali di approvvigionamento all’ingrosso della droga, procurando e consegnando armi a MOLISSO, assicurando la consegna di denaro ai familiari dei sodali detenuti per il pagamento delle spese legali. 


Il consolidamento dell’autorità criminale del sodalizio, di primissimo piano in termini di pericolosità, dotato di armi da guerra e persino di bombe a mano, sarebbe stato ottenuto attraverso l’imposizione della violenza a chi non stava alle regole dettate dai capi, Giuseppe MOLISSO e Leandro BENNATO. Come documentato, infatti, in termini di gravità indiziaria, dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, il loro ascendente criminale è riconosciuto trasversalmente ” sti ragazzetti crescono tutti con il nome di Peppe Molisso e Bennato e ‘sta cosa si rafforza. Molisso è diventato il Michele Senese di dieci anni fa. Molisso a Cinecittà è diventato il Michele Senese di dieci anni fa e Bennato uguale”

D’altro canto, a chi si poneva sotto la loro ala veniva assicurata protezione in vario modo, risolvendo i contrasti ai vertici delle piazze di spaccio stabilendo la sostituzione o il mantenimento del titolare, intervenendo in difesa dei singoli capi piazza rispetto a nuovi soggetti intenzionati a intromettersi nel traffico degli stupefacenti, controversie che venivano risolte anche con il compimento di eclatanti atti di violenza. Emblematici sono: l’intervento di MOLISSO a sostegno di uno dei capi piazza di Tor Bella Monaca che a maggio 2020 era entrato in forte contrasto con un noto pregiudicato della zona.

L’uomo al vertice del sodalizio si dimostrava disponibile a risolvere la questione anche con l’uso delle armi e con il supporto di SELVA Emanuele al quale impartiva l’ordine di proteggere il loro sodale ricevendo rassicurazioni dal suo interlocutore “Io sto qua in giro fra se lo vedemo lo spaccano tutto semo 7-8 [ … ] Lo mandamo a ospedale”. MOLISSO dava la disponibilità per un suo intervento diretto ipotizzando addirittura la possibilità di un agguato armato al quale avrebbe partecipato direttamente “Fra fateme trova moto fago la porta glie sparo io”;  la ritorsione nei riguardi di alcuni cittadini magrebini che volevano ritagliarsi un proprio spazio ove affrancarsi e gestire in autonomia un’attività di spaccio in via dell’Archeologia a Tor Bella Monaca. Le mire degli extracomunitari venivano infrante nella notte tra il 21 e il 22.10.2022, quando SELVA interveniva presso un esercizio commerciale, armato di pistola, a sostegno dei MOCCIA, gestori di una delle piazze di spaccio più importanti di Tor Bella Monaca. Nell’occasione veniva esploso un colpo d’arma da fuoco, che attingeva la vetrata del palazzo antistante, e i nordafricani, impauriti, venivano violentemente percossi; 
la rapina, commessa con l’uso di kalashnikov, posta in essere dall’organizzazione per appropriarsi di 10 Kg. di cocaina estorti al narcotrafficante CAPOGNA Fabrizio, poi divenuto collaboratore di Giustizia, e sottratti al solo fine di appropriarsi dei suoi canali di approvvigionamento. Unitamente alle misure cautelari personali, venivano disposte dal Giudice per le Indagini Preliminari misure cautelari reali, consistenti nel sequestro preventivo di beni e assets finanziari.

Gli accertamenti patrimoniali hanno infatti evidenziato la presenza di beni immobili e mobili sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati, derivanti dal reimpiego di fondi di natura illecita e provenienti dalle attività criminali del sodalizio investigato. In particolare, sono stati individuati beni, nella disponibilità diretta dei principali indagati, tra cui 1 villa, 1 appartamento e 1 appezzamento di terreno adibito a vigneto ubicati ne11a provincia di Roma, nonché i rapporti finanziari/bancari di 32 soggetti contigui agli indagati, sottoposti a sequestro preventivo, finalizzato alla successiva confisca ex rut. 240 bis C.P., per un valore di circa 5 milioni di euro. 

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