Amministrative, Cdm: si vota il 25-26 maggio. Referendum l’8 e il 9 giugno

Via libera del Cdm al decreto elezioni. Approvato il piano che consentirà di votare in due giorni già dalla prossima tornata elettorale.

Roma – Via libera del Consiglio dei ministri al decreto elezioni che consentirà di votare in due giorni (domenica dalle 7 alle 23 e lunedì dalle 7 alle 15), già dalla prossima tornata delle amministrative, e al decreto sulla revisione delle disposizioni in materia di accise. Per quanto riguarda il voto, la data per il primo turno è stata calendarizzata per il 25-26 maggio mentre l’election day con i referendum sarà nelle date dei ballottaggi, l’8 e il 9 giugno. I referendari Maurizio Landini e Riccardo Magi, avevano avuto un incontro a Palazzo Chigi con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano per discutere delle date, temendo il voto a giugno, con l’idea che la bella stagione rischiasse di causare l’effetto “urne vuote”.

Raggiungere il quorum era l’obiettivo dichiarato di Maurizio Landini e di Riccardo Magi “Votare a maggio” per scongiurare l’effetto “balneare” e il fuggi verso spiagge o località montane. Inoltre, preoccupava l’informazione mediatica. Ecco perché i referendari chiedevano “una maggior informazione radio televisiva”, oltre a dare la possibilità di votare ai lavoratori e agli studenti fuori sede. Questi i tre capisaldi della marcatura sull’esecutivo da parte del leader della Cgil, promotore dei 4 referendum sul lavoro, e del segretario di Più Europa che ha lanciato quello sulla cittadinanza.

Il voto dei fuorisede – foto Ansa

Il primo dei quattro quesiti su cui la Cgil ha raccolto 4 milioni di firme è il referendum abrogativo del “cuore” del Jobs act, vale a dire il Dlgs 23 del 2015, che ha introdotto le “tutele crescenti” nei casi di licenziamento illegittimo, normativa in larga parte già “fortemente ridimensionata dalla giurisprudenza”. Il Jobs Act ha introdotto il contratto a tutele crescenti, impedendo la reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamenti ingiustificati di lavoratori assunti dopo marzo del 2015, sostituendola con il pagamento di un indennizzo, la cui entità è stata oggetto di ripetuti interventi della giurisprudenza. Con un secondo quesito la Cgil propone l’abrogazione del tetto di indennizzo fissato per legge nei licenziamenti ingiustificati nelle Pmi che verrebbe così affidato al giudice. Con il terzo si chiede l’abolizione delle norme che hanno liberalizzato i contratti a tempo determinato attraverso l’introduzione di causali specifiche anche per un contratto con durata inferiore a 12 mesi, oltreché per rinnovi e proroghe.

Infine gli appalti, il quarto referendum della Cgil propone l’abrogazione delle norme che escludono la responsabilità solidale dell’impresa committente per infortuni sul lavoro collegati alla specifica attività produttiva dell’impresa appaltatrice. Poi c’è il referendum sulla cittadinanza, con cui si mira a ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter avanzare la domanda di cittadinanza italiana che, una volta ottenuta, sarebbe automaticamente trasmessa ai propri figli e alle proprie figlie minorenni. Questa modifica secondo le stime del comitato referendario avrebbe un impatto su una platea di circa 2,5 milioni di cittadini stranieri.

I referendari hanno espresso “la massima preoccupazione al governo” sull’informazione televisiva. “Sappiamo che non è direttamente il soggetto istituzionale investito di quest’obbligo, ma sappiamo che i soggetti istituzionali che dovrebbero muoversi, vivono per motivi politici uno stallo”, continua Magi “in particolare la commissione di Vigilanza Rai, che dovrebbe approvare il regolamento per la disciplina degli spazi della campagna elettorale”. In relazione alla richiesta di garantire il rispetto delle norme sulla par condicio, il governo ha ricordato come “le maggiori competenze ricadano sulla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, e sull’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”. Palazzo Chigi ha comunque assicurato che saranno adottate tutte le iniziative necessarie da parte del Dipartimento per l’informazione e l’editoria.

Si stanno analizzando le “modalità tecniche per consentire il voto dei fuorisede”, spiega sempre Palazzo Chigi. “Non vogliamo pensare, aveva detto Magi poco prima dell’incontro con il governo “che la presidente del Consiglio voglia nascondersi dietro l’astensione, voglia cioè remare a favore della mancanza del quorum”. I fuori sede, ovvero a chi studia o lavora in un comune diverso da quello in cui ha la residenza, così come a tutti gli italiani all’estero devono – secondo i referendari – essere messi nelle condizioni di esercitare il loro diritto al voto: una platea complessivamente stimata intorno ai 5 milioni. “L’Italia è l’unico Paese a non consentirlo, in compagnia di Malta e Cipro che però sono due isole” ha spiegato Magi.

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