Salvatore Legari, l’imprenditore scomparso nel Modenese, sarebbe stato ucciso da Alex Oliva. Che avrebbe poi depistato le indagini fingendosi la vittima e facendo sparire le immagini delle telecamere.
MODENA – L’inchiesta sulla sparizione di Salvatore Legari, imprenditore edile di 54 anni, padre di due figli, originario di San Pancrazio Salentino nel Brindisino, scomparso il 13 luglio 2023, sarebbe stato ucciso e il suo cadavere distrutto. Dunque non si tratterebbe né di allontanamento volontario, men che meno di sequestro di persona, come si poteva ipotizzare all’inizio della vicenda. Ad avvalorare i sospetti della Procura numerosi gravi indizi che il 14 gennaio scorso hanno portato all’arresto di Alex Oliva, sassolese di 38 anni, residente a Quattro Ville di Lesignana, indagato per omicidio volontario e occultamento di cadavere. L’uomo è in carcere dopo che i carabinieri di Modena eseguivano l’ordinanza cautelare firmata dal Gip Antonella Pini Bentivoglio davanti alla quale l’uomo è stato poi sottoposto ad interrogatorio di garanzia.
Oliva si è dichiarato estraneo ai fatti ed ha ripetuto la sua versione dei fatti alla presenza dello stesso Gip, al Pm Francesca Graziano e al proprio avvocato di fiducia Edoardo Salsi. Durante l’interrogatorio l’uomo ha riferito in merito a come avrebbe trascorso la giornata in cui, secondo le ipotesi degli inquirenti, sarebbe scomparso e probabilmente ucciso l’imprenditore pugliese:
”Io non l’ho ucciso e neppure ho spostato il suo furgone – ha detto il recluso ai magistrati requirenti – Gli ho dato la somma concordata per i lavori e l’ho salutato intorno alle 18. Quando sono tornato non c’era più e mi sono preoccupato”.
Oliva comunque rimane in cella atteso che il Gip ha rigettato l’istanza della difesa per una pena meno afflittiva dunque no anche ai domiciliari. La ricostruzione dei fatti ad opera degli investigatori dei carabinieri del Reparto Operativo – Nucleo Investigativo e della Compagnia di Modena, contrasta non poco con le dichiarazioni dell’indagato. Oliva, che doveva 16mila euro a Legari per lavori eseguiti in una villa di sua proprietà, avrebbe tentato in più modi di depistare le indagini per evitare che conducessero a lui, cosi come è accaduto. La vittima si era recata nel cantiere di Lesignana quel maledetto 13 luglio.
Sul posto incontrava Oliva che gli aveva commissionato i lavori di ristrutturazione edile. Al termine del loro incontro l’imprenditore spariva dalla circolazione senza più rispondere al cellulare che, il giorno dopo, diventava irraggiungibile. Anche il figlio e la compagna di Legari, assistiti dagli avvocati Antonio Cozza e Corina Torraco, lo avevano cercato ripetutamente ma senza successo prima di denunciarne la scomparsa. Qualche giorno dopo, il 22 luglio, il furgone di Legari veniva ritrovato a Sassuolo. All’interno del mezzo i carabinieri rinvenivano indumenti ed effetti personali dell’uomo, fra i quali carte di credito e bancomat. Una grande mano d’aiuto l’hanno data ai detective dell’Arma i video delle telecamere di videosorveglianza pubblica e privata e l’analisi del tabulato telefonico del cellulare in uso alla vittima fino al suo spegnimento. Tali ausili hanno permesso di ricostruire, con orari e località, il tragitto percorso dal furgone dello scomparso dal cantiere di Lesignana al luogo di abbandono del veicolo a Sassuolo, nei momenti in cui la vittima, probabilmente, era già stata eliminata.
Ma c’è di più e non è poco. Secondo gli inquirenti, infatti, Alex Oliva avrebbe orchestrato una vera e propria messinscena indossando una maglietta della vittima per simulare che fosse lo stesso Legari alla guida del suo furgone ma l’analisi foto-antropometrica della “sagoma” del pilota, verificata da un perito, avrebbe rivelato come la stessa fosse compatibile con quella del presunto assassino. Chiaro, per la Procura, anche il movente che non potrebbe essere altro che economico. L’imprenditore, che era andato in cantiere per finire i lavori, nel pomeriggio avrebbe dovuto incontrare Oliva per farsi consegnare i 16mila euro pattuiti. Che cosa sia accaduto esattamente in quel lasso di tempo non era riscontrabile nelle dichiarazioni di Oliva e dei suoi parenti, zeppe di contraddizioni e imprecisioni. Pare certo, invece, che l’indagato avrebbe tentato di sviare le indagini arrivando persino a sostituire l’hard disk dell’impianto di videosorveglianza del cantiere per evitare che le indagini potessero inchiodarlo.