Minorenni violentate dal branco nel Reggino e isolate dalla famiglia: “Devi stare zitta”

Altri tre stupratori in manette. Sedici in tutto gli accusati, tra i quali rampolli di ‘ndrangheta e il figlio di un politico locale.

Reggio Calabria – Sole e contro tutti, comprese le pressioni della famiglia di una delle due vittime, che dopo i primi arresti hanno cercato di zittirla. Questo è stato il destino di due giovani ragazze abusate da un branco di 16 persone a Seminara, un piccolo comune in provincia di Reggio Calabria. Gli ultimi arrestati, riporta Repubblica, sono tre ragazzi che all’epoca dei fatti erano minorenni, proprio come le due vittime. Tra gli accusati figurano anche rampolli di ’ndrangheta, il figlio di un politico locale e il fidanzato di una delle ragazze, tutti coinvolti in una serie di abusi, soprusi e riprese video che riducevano le giovani a meri oggetti.

La gravità degli eventi, documentata durante le indagini, ha spinto la procura guidata da Roberto Di Palma a chiedere misure cautelari severe, con il trasferimento degli arrestati in un istituto penale minorile, richiesta accolta dal giudice per le indagini preliminari. Nel decreto, il gip descrive tre dei giovani come individui con una “personalità completamente disconnessa dalle regole del vivere civile, dediti esclusivamente al soddisfacimento dei più bassi istinti“.

Questo episodio rappresenta un ulteriore capitolo di una vicenda iniziata più di un anno fa, quando, seguendo una pista legata alla ’ndrangheta, gli investigatori hanno scoperto conversazioni via chat in cui alcuni indagati pianificavano gli abusi. I primi arresti hanno fatto emergere parziali ammissioni da parte delle vittime, che hanno iniziato a raccontare l’orrore subito. Ma per una delle due ragazze è cominciato un nuovo incubo all’interno del nucleo familiare, dove i parenti non solo non l’hanno sostenuta, ma hanno cercato di costringerla a ritrattare. “Devi stare zitta”, le intimavano la sorella, il fratello e i loro partner, accusandola di aver “distrutto” la famiglia e “messo nei guai” gli accusati. Frasi come “Perché non ti uccidi?” e “Sei pazza” si aggiungevano alle continue pressioni.

Le procure di Palmi e dei Minori, consapevoli del contesto estremamente ostile, non hanno mai interrotto il monitoraggio delle vittime. Grazie al loro intervento tempestivo, una delle ragazze è stata liberata dalle pressioni e non si è sottratta: “Ha combattuto da sola, è stata determinata e coerente nel suo racconto“, hanno spiegato gli inquirenti.

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