Dal referendum del 2016, la Brexit sembra aver pesantemente danneggiato l’economia britannica. Ecco le conseguenze sul commercio e le prospettive future per il Regno Unito.
Per l’economia britannica, l’uscita dall’UE sta provocando solo danni. Hanno voluto la bicicletta, e adesso che pedalino, si potrebbe dire a proposito della Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea! Del resto l’isolazionismo è stato sempre un valore importante della cultura britannica, abbinato ad una discreta dose di boria e di sentirsi i più evoluti del mondo. Questo concetto è sintetizzato dal titolo del “Times”, noto quotidiano londinese, che negli anni ‘30 dello scorso secolo così scrisse: “Nebbia sulla manica, il continente è isolato”, a spiegare quanta stima di sé stesso abbia il popolo inglese.
Poi, è chiaro che i rapporti commerciali con le altre Nazioni ci sono sempre stati, perché così va il mondo, a prescindere dai propri valori culturali. Perché l‘economia è sempre l’economia ed è la primadonna in qualsiasi società. Com’è noto la “Brexit” ha posto fine all’adesione del Regno Unito all’Unione Europea (UE), secondo le modalità previste dall’articolo 50 del Trattato sull’UE. Questo processo è stato l’esito finale del referendum sulla permanenza del regno Unito nell’UE, svoltosi il 23 giugno 2016, in cui il 51,89% degli elettori ha votato per uscire dall’UE, mentre il 48,11% per restarci. L’Accordo di recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica è stato firmato a Bruxelles e a Londra il 24 gennaio 2020 ed è entrato in vigore il 1° febbraio 2020. Il risultato fu salutato con grida di giubilo, nonché squilli di trombe e fanfare, da parte dei nazionalisti più estremisti, convinti che sarebbe stata l’UE a rimpiangere di non aver più come membro un Paese nobile e leggendario come il Regno Unito. Della serie l’umiltà non si sa nemmeno dove dimora!
Alla fine, però, il diavolo ci ha messo la coda. Da allora l’economia britannica è peggiorata, altroché! E’ non è un giudizio di coloro che erano contrari alla Brexit, ma del governatore della Banca d’Inghilterra, la massima autorità pubblica in materia valutaria. Senza dare valutazioni sulla Brexit, ha, tuttavia esortato il governo inglese a ricostituire le relazioni con l’UE, a dispetto di qualsiasi nazionalismo di sorta, pur rispettando l’esito del referendum. Il settore che più ne ha risentito è stato il commercio di beni e, pare che l’uscita dall’UE abbia avuto un costo molto alto, pari a 140 miliardi di sterline. A parere del governatore della Banca d’Inghilterra, l’elezione di Trump a presidente degli USA potrebbe peggiorare la situazione, perché il nuovo presidente statunitense è sempre stato favorevole all’imposizione di dazi sulle esportazioni britanniche ed europee.
Il National Institute of Economic and Social Research, il più antico istituto di ricerca economica indipendente del Regno Unito, in un comunicato ha dichiarato che con un dazio universale al 10% su tutte le importazioni, il tasso di crescita non sarà superiore ad un impercettibile 0,4% nel 2024. L’attuale governo laburista ha mostrato interesse ad una nuova collaborazione con l’UE, che, tra l’altro, ha manifestato una certa ritrosia a condurre nuovi negoziati. Sembra una partita a scacchi, nessuno vuole mettere in discussione la Brexit, ma tutti auspicano il ripristino di una fattiva collaborazione. Ci dicessero come, altrimenti tanto tuonò che… non piovve!