L’aula della Corte d’Assise di Venezia durante il processo a Filippo Turetta.

Filippo Turetta condannato all’ergastolo

A poco più di un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin, la Corte d’Assise di Venezia ha deciso il destino del 23enne reo confesso. Escluse le aggravanti della crudeltà e delle minacce. Il papà di Giulia: “Abbiamo perso tutti, come società”.

Venezia – Ergastolo. Oggi nell’aula della Corte d’Assise di Venezia, si è chiuso il processo contro Filippo Turetta, 23 anni, imputato per l’omicidio premeditato di Giulia Cecchettin, uccisa con 75 coltellate nel novembre 2023. La Procura aveva chiesto la condanna al carcere a vita, mentre la difesa aveva cercato fino all’ultimo di ottenere il riconoscimento di attenuanti generiche per evitare la pena massima. Filippo Turetta era presente in aula, così come il padre di Giulia, Gino Cecchettin, e la famiglia della vittima. La sentenza della Corte d’assise di Venezia è stata letta dal presidente del Collegio Stefano Manduzio dopo oltre 6 ore di camera di consiglio.

Turetta è stato condannato per omicidio pluriaggravato, occultamento di cadavere e porto d’armi. Escluse le aggravanti della crudeltà e delle minacce, previsto dall’articolo 612 bis del codice penale, unificati dal vincolo della continuazione. I giudici hanno anche condannato Filippo Turetta al pagamento delle spese legali per le parti civili. Oltre alle interdizioni di legge, è stato disposto un risarcimento alle parti civili con il pagamento di una provvisionale di 500mila a Gino Cecchettin, 100mila ciascuno ai fratelli Elena e Davide, 30mila ciascuno alla nonna Carla Gatto e allo zio Alessio. Giunge così all’epilogo in primo grado il processo per un delitto che ha sconvolto l’Italia. Le motivazioni verranno depositate entro 90 giorni.

“Abbiamo perso tutti, come società. La violenza di genere non si combatte con le pene ma con la prevenzione. Come essere umano mi sento sconfitto, come papà non è cambiato nulla rispetto a ieri”: così Gino Cecchettin, il padre di Giulia, ha commentato la sentenza.

La difesa di Turetta, rappresentata dall’avvocato Giovanni Caruso, aveva cercato di smontare le aggravanti di premeditazione e crudeltà, sostenendo che l’omicidio sia stato frutto di un “corto circuito emotivo” e non di un piano preordinato. La lista degli strumenti per uccidere, stilata pochi giorni prima del delitto, è stata descritta come prova di indecisione, non di pianificazione. L’accusa, al contrario, ha dipinto un quadro ben diverso, parlando di un delitto premeditato e crudele. Per il pm Andrea Petroni, la lista rappresenta una pianificazione consapevole, che Turetta avrebbe potuto interrompere in qualsiasi momento.

La Corte d’Assise di Venezia si è riunita in camera di consiglio per diverse ore. L’udienza, la quinta, prevedeva inizialmente le repliche del Pm, delle parti civili all’arringa della difesa e l’eventuale controreplica, che però non ci sono state. Il presidente Stefano Manduzio ha quindi dichiarato chiusa la fase dibattimentale per l’entrata in camera di consiglio. E poco dopo le 16, è arrivata la sentenza. La sentenza  arriva dopo cinque udienze di un processo breve perché si è svolto, con il consenso della difesa e della Procura, senza l’ascolto di testimoni e senza ulteriori consulenze. I due giudici togati e i sei popolari hanno accolto la richiesta del pm che aveva definito il delitto “l’ultimo atto di controllo” da parte di Turetta nei confronti della giovane ex fidanzata.

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