Stress da lavoro: la giustizia riconosce il risarcimento economico per burnout e straordinari eccessivi

Un medico ottiene 100.000 euro di risarcimento per stress da lavoro e burnout causati da turni straordinari per oltre 15 anni. La sentenza potrebbe aprire la strada a nuovi ricorsi.

Si può essere risarciti economicamente dallo stress da lavoro! Ormai l’eccessivo carico di lavoro in ambienti quali gli ospedali è un argomento noto a tutti. Se ne discute in tutte le sedi ma il problema resta in tutta la sua gravità. Il problema è ritornato alla ribalta della cronaca per una recente sentenza della Corte d’appello che ha riconosciuto un sostanzioso risarcimento in moneta sonante ad un medico per le eccessive ore di straordinario che gli hanno provocato uno stresso non più controllabile.

L’ASL Napoli 3 Sud ha dovuto pagare ad un medico 100mila euro per le eccessive ore di straordinario

Si tratta di casi all’ordine del giorno che confermano come il diritto alla salute sia violato continuamente, in quanto non viene garantito il giusto riposo per il recupero delle energie psicofisiche, a discapito, persino, dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Il caso che ha destato clamore è il risarcimento che l’ASL Napoli 3 Sud ha dovuto pagare ad un medico per le eccessive ore di straordinario effettuate per un periodo di tempo di oltre 15 anni che hanno provocato uno stato stress, tramutatosi nel tempo in burnout tout court. Si tratta di ben 100 mila euro tintinnanti, mica di bruscolini!

Le cronache cittadine hanno fotografato lo stesso spettacolo che si ripete un po’ dappertutto, ossia la perniciosa e duratura carenza di personale. Per questi motivi la dirigenza dell’Asl ha esercitato pressioni martellanti sul professionista perché voleva un sempre maggiore coinvolgimento. Il medico non ha potuto scegliere, in quanto avrebbe potuto subire ripercussioni legali, senza contare che un reparto di ospedale non può restare scoperto. Ma alla fine ha pagato un prezzo alto per la sua salute. La Corte d’appello ha evidenziato che la violazione dell’orario di lavoro è prevista da norme nazionali ed europee, situazione riscontrata nel caso in questione. Inoltre, non dev’essere il professionista a subire le carenze organizzative di un ospedale, perché il riposo non ammette deroghe.

Per il Tribunale non deve essere il professionista a dover pagare le conseguenze della mancanza di personale e delle scarse assunzioni.

Sono anni che l’Unione Europea (UE) ha stabilito delle direttive riguardanti l’orario di lavoro, però come la realtà ci ricorda, non sono state recepite nella loro giustezza. La sentenza, per certi versi rivoluzionaria, potrebbe fare da apripista per un ricorso di altri medici che navigano gli stessi tempestosi mari del professionista partenopeo. Nella sentenza è stato, infine, ribadito che il risarcimento deve avere valore retroattivo, cioè da quando è iniziato per oltre 15 anni lavorare in condizioni che hanno messo a repentaglio la salute psico-fisica. Alla fine della giostra, non deve essere il professionista a dover pagare le conseguenze della mancanza di personale e delle scarse assunzioni. Anzi avrà tutto il diritto a godere del meritato riposo e se violato ad agire in tribunale.

Per la cronaca, il caso non è ancora chiuso. L’Asl, infatti, potrà ricorrere Cassazione, che nel nostro ordinamento giudiziario rappresenta il giudice di legittimità di ultima istanza delle sentenze emesse dalla magistratura ordinaria. L’aspetto più preoccupante è la reiterazione da parte del management ospedaliero di comportamenti controproducenti per i propri dipendenti e per la collettività. La carenza di personale non può diventare un alibi. C’è e nessuna la nega, ma dopo averne preso atto, bisogna cercare soluzioni che non siano peggiorative del contesto, come nel caso in questione. Infine, dovrebbe intervenire la politica con un progetto a 360 gradi, come ama dire spesso il premier Meloni, che è donna ma ama definire la sua funzione al maschile, come disse il giorno dell’insediamento. Per fare che? Aumentare gli stipendi, assumere più personale e sprecare meno risorse finanziarie, ottimizzandole. Ma, poiché la sanità pubblica è un grande affare, c’è poco stare allegri: le iene fameliche sono pronte ad azzannare il lauto bottino!

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