I magistrati: “Ritorno a doppio grado di merito metterà in ginocchio le Corti territoriali, compromettendo gli obiettivi del Pnrr”.
Roma – “Il Comitato direttivo centrale” dell’Associazione nazionale magistrati “invita il ministro della Giustizia ad adoperarsi per scongiurare il rischio di un irragionevole aggravamento della già fragile struttura organizzativa delle Corti di appello, al fine di non condannare al fallimento lo straordinario impegno degli uffici giudiziari per il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr”. Lo rende noto l’Anm al termine della riunione del Comitato direttivo centrale. Il riferimento è all’emendamento al decreto flussi, in base al quale la competenza a decidere sulla convalida dei trattenimenti dovrebbe essere ‘spostata’ alla Corte d’Appello.
“È grave – si spiega nella nota – la preoccupazione dell’Anm per l’impatto che potranno avere sulla organizzazione degli uffici giudiziari, sulla loro capacità di mantenere un accettabile grado di efficienza del servizio: la recente modifica, per decreto-legge (n. 145 del 2024), alla materia della protezione internazionale con la reintroduzione dello strumento del reclamo in Corte di appello avverso i provvedimenti dei Tribunali distrettuali; la proposta emendativa dell’onorevole relatrice, presentata in sede di conversione del decreto-legge, per l’attribuzione della competenza in materia di convalida dei trattenimenti dei richiedenti asilo alle Corti di appello e non più alle sezioni specializzate in materia di immigrazione dei Tribunali”. L’emendamento in questione della relatrice al dl Flussi, la deputata di FdI Sara Kelany, è stato presentato alla commissione Affari costituzionali della Camera.
L’Anm nella delibera parla dell’ultimo periodo in cui “abbiamo assistito da parte di una certa politica ad attacchi sempre più frequenti a provvedimenti resi da magistrati italiani nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali, criticati non per il loro contenuto tecnico-giuridico, ma perché sgraditi all’indirizzo politico della maggioranza governativa. E parla del “linciaggio mediatico cui un certo giornalismo si è prestato” che ha “colpito i giudici e la loro naturale tensione a decidere liberi dalle proprie convinzioni e passioni: scrutare la vita delle persone, riportando le loro vicende intime, del tutto prive di rilevanza pubblica, è condotta non in linea con l’etica giornalistica”. Da qui la decisione di trasmettere la delibera stessa al Csm per le valutazioni dell’organo di governo autonomo e per le conseguenti iniziative a tutela della indipendenza e dell’autonomia della magistratura; dispone trasmettersi copia della presente delibera al Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti”.
Il governo tira ancora diritto sull’operazione Albania, e prova la carta di cambiare i giudici che decidono sulla convalida del trattenimento dei migranti portati al centro di Gjader: con le nuove disposizioni non dovrebbe più toccare ai magistrati della sezione immigrazione del tribunale di Roma, che finora hanno liberato tutti i 19 richiedenti asilo valutati, ma alla Corte d’appello in composizione monocratica. Intanto, il governo “farà ricorso contro la sentenza del Tribunale di Bologna che ha rimandato alla corte di giustizia europea la decisione sui paesi sicuri per i respingimenti dei migranti”, ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio intervenendo al Forum di Fondazione Iniziativa Europa a Stresa.
“Forse sarebbe stato più proprio ricorrere alla Consulta – ha osservato il Guardasigilli – piuttosto che alla corte europea. Comunque dicendo sospendo il giudizio, mando tutto a Bruxelles decade la limitazione della libertà perché entro 48 ore l’autorità giudiziaria deve pronunciarsi. Faremo ricorso anche su questo”. E ancora Nordio, “sui primi decreti del Tribunale di Roma che non hanno convalidato il fermo dei migranti ho fatto delle obiezioni tecniche che poi sono quelle che abbiamo riportato attraverso l’Avvocatura dello Stato
davanti alla Cassazione perché vi è un’assoluta carenza di motivazione. Quei decreti non avevano convalidato il fermo senza motivare perché, deciderà la Cassazione. Mentre le sezioni unite civili avevano detto che in questi casi sta al ricorrente fornire i motivi per i quali secondo lui un paese non è sicuro“.
Ma c’è questo nuovo emendamento ad allarmare la magistratura: “Come già illustrato dai presidenti delle Corti di appello con una nota indirizzata giorni fa al presidente del consiglio dei ministri e al ministro della Giustizia, il ripristino dell’appello, abolito con legge del 2017, sconvolgerà l’assetto organizzativo delle Corti”. Il Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati intanto ha convocato l’assemblea generale straordinaria per il prossimo 15 dicembre.