La sentenza verrà depositata entro metà dicembre, quando la Cassazione deciderà sull’ammissibilità dei referendum abrogativi.
Roma – La Corte costituzionale ha ritenuto “non fondata” la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’Autonomia differenziata delle regioni ordinarie, considerando invece “illegittime” specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo. Lo rende noto la Consulta. “Spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge”, si legge nella nota, in attesa del deposito della sentenza. Una pronuncia che mette benzina sul fuoco delle polemiche sull’autonomia differenziata e sul braccio di ferro che è iniziato dalla sua approvazione.
Da una parte le quattro Regioni guidate dal centrosinistra schierate contro la legge Calderoli, dall’altra tre del Nord in linea con il Governo. Lo scontro sull’Autonomia differenziata è arrivato fino alla Consulta chiamata a pronunciarsi su questioni di costituzionalità sollevate dai ricorsi di Puglia, Toscana, Sardegna e Campania che hanno impugnato la legge nella sua totalità e anche con riferimento a specifiche disposizioni. La sentenza verrà depositata entro metà dicembre, quando la Cassazione deciderà sull’ammissibilità dei referendum abrogativi. La pronuncia della Consulta potrebbe avere effetti proprio sui quesiti referendari che la Cassazione stessa potrebbe riformulare oppure dichiarare superati.
In particolare i giudici della Consulta sottolineano che la forma di Stato riconosce, insieme al ruolo fondamentale delle Regioni e alla possibilità che esse ottengano forme particolari di autonomia, i principi dell’unità della Repubblica, della solidarietà tra le Regioni, dell’eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, dell’equilibrio di bilancio. Pertanto la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione non deve corrispondere all’esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma deve avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione.
A tal fine, è il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni. In questo quadro, l’autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini. Partendo da queste premesse viene ritenuta incostituzionale la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola Regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà.
La Consulta ha individuato l’incostituzionalità della “possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito; in base a tale previsione, potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti, che – dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite – non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni”, spiega la nota della Consulta sull’Autonomia.
La previsione che sia un decreto del presidente del Consiglio dei ministri a determinare l’aggiornamento dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), e il ricorso alla determinazione dei Lep attraverso il Dpcm, sono tra i profili della legge sull’Autonomia ritenuti incostituzionali dalla Consulta. Inoltre la Corte ha ravvisato l’incostituzionalità anche riguardo al conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali priva di idonei criteri direttivi, da cui ne conseguirebbe che la decisione sostanziale venga rimessa nelle mani del governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento.
La “facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica”. E’ questo uno punti della legge sull’Autonomia con un profilo incostituzionale, secondo quanto indicato oggi dalla Consulta che ha esaminato i ricorsi delle regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, le difese del Presidente del Consiglio dei ministri e gli atti di intervento ad opponendum delle Regioni Lombardia, Piemonte e Veneto.
A ottobre erano stati avviati i negoziati tra il Governo e le Regioni Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria per l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni di autonomia, così come previsto dalla Legge 86/2024. A presiedere i lavori, il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Roberto Calderoli. “Oggi è un giorno importante – aveva dichiarato il ministro – non solo per le 4 Regioni che hanno scelto di fare da apripista per l’attuazione dell’autonomia, ma per tutto il Paese. E’ bene ricordare infatti che, su 15 Regioni a Statuto ordinario, sono 14 quelle che già hanno mosso passi formali verso l’autonomia”.