La “distrazione” è maschile: studio associa più agli uomini il distacco dalla realtà

L’Università di Padova sul neuro sviluppo: l’assenza del pensiero come allontanamento dal reale sembra essere privilegio dei maschi.

Roma – La “distrazione” è… maschile! No, non è intervenuta l’“Accademia della Crusca”, la prestigiosa istituzione nazionale ed europea in cui operano studiosi ed esperti di linguistica e filologia della lingua italiana, a cambiare il genere del sostantivo “distrazione” trasformandolo in maschile. In un periodo di fluidità culturale potrebbe accadere anche questo. In realtà ci si riferisce alla distrazione intesa dagli accademici come assenza del pensiero dalla realtà oggettiva e/o come distacco, allontanamento, separazione. Ebbene questa condizione sembra essere… privilegio dei maschi, ecco spiegato l’arcano dell’attributo al maschile! Si tratta di una constatazione insolita ed inverosimile o corrisponde alla realtà? Poiché nella nostra società complessa c’è di tutto, di più e il suo contrario, non poteva mancare lo studio scientifico pertinente, a confermare il fermento della Scienza.

L’Università di Padova, l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Eugenio Medea di Conegliano, provincia di Treviso e l’Università di Cambridge, Regno Unito hanno confezionato un’interessante ricerca sul neuro sviluppo infantile. Con l’attività cerebrale in pausa, collegata al funzionamento cognitivo, sono emerse rilevanti disparità riguardante il sesso biologico, già in età prescolare. In particolare sembra esserci un nesso tra i neuroni a riposo, ossia quando non sono impegnati in nessuna attività e  l’apparato cognitivo quotidiano nella fascia d’età 4-6 anni. Quando sono assenti richieste cognitive esterne, la modalità con cui le informazioni sono trasmesse ed elaborate si differenzia in base al sesso biologico. L’attività cerebrale maschile è più oscillante e meno scontata al punto da determinare la condizione definita “stare con la testa tra le nuvole”! Mentre il sesso femminile attiva frequentemente le aree prefrontali del cervello, che sono connesse alla capacità di concentrazione e attivazione cognitiva.

In questo stadio viene manifestata una regolazione comportamentale ed emotiva più efficace. Quindi, secondo lo studio, le bambine mostrano una maggiore coerenza e stabilità nelle informazioni trasmesse tra le diverse aree cerebrali, per cui sono più concentrati e “sul pezzo” dei maschi, il cui cervello va un po’ dove gli pare. Lo scopo dello studio era di: comprendere come l’attività cerebrale in pausa dei bambini fosse diversa in rapporto al sesso e all’età; valutare se l’attività in questione potesse preannunciare possibili problemi del comportamento, emozioni o connessi a quelle capacità mentali che stimolano la programmazione a attuazione delle azioni. Studi di questo tipo, secondo gli autori, potrebbero produrre effetti importanti su alcune criticità cliniche, quali i disturbi del neuro sviluppo, autismo e ADHD, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, che è un disordine dello sviluppo neuro psichico del bambino e dell’adolescente, caratterizzato da disattenzione, iperattività e impulsività.

Soprattutto se ne potranno giovare le numerose famiglie che hanno in casa un figlio affetto da questa patologia e, a volte, non sanno a che santo votarsi. Inoltre con ulteriori sviluppi in questa direzione, si potranno mettere a punto percorsi terapeutici personalizzati, in primis nell’età prescolare, fase decisiva per lo sviluppo cognitivo. Ora è chiaro che ricerche di questo tipo vengono accolte favorevolmente dall’opinione pubblica per i possibili vantaggi che se ne potrebbero trarre. Suscita un sorriso il fatto che una volta era opinione comune che le donne si distraevano con facilità perché, in attesa del “principe azzurro”, stavano con la “testa tra le nuvole”. Invece la Scienza ha dimostrato il contrario!

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