L’imbarcazione, ancora a Messina, monitorerà flusso di arrivi per poi organizzare un eventuale nuovo trasferimento nell’hotspot di Shengjin.
Roma – La nave della Marina militare Libra, preposta al trasferimento dei migranti nei centri italiani in
Albania, tornerà all’inizio della prossima settimana nel Mediterraneo centrale. Al momento la nave è ancora a Messina. L’imbarcazione, come anticipato oggi da alcuni quotidiani, monitorerà l’eventuale flusso di arrivi di migranti per poi, quindi, accoglierli a bordo ed organizzare un eventuale nuovo trasferimento nell’hotspot di Shengjin in Albania per quelli che rientrano nelle categorie previste dal protocollo con il governo di Tirana.
Dunque ritorno a Shëngjin, porto sull’altra sponda dell’Adriatico fino a poco tempo fa semisconosciuto e ora alla ribalta come primo (e controverso) hub extraeuropeo per i rimpatri di migranti. A 17 giorni dall’arrivo dei primi richiedenti asilo e a 15 dal dietrofront verso l’Italia dopo l’altolà dei giudici, Roma ci riprova. Dipenderà molto dal meteo: dopo un paio di settimane di mare mosso, gli sbarchi a Lampedusa con le condizioni in miglioramento potrebbero riprendere a breve.
Il 16 ottobre la nave Libra della Marina Militare era attraccata al porto di Shengjin, in Albania, con i primi 16 migranti, accompagnati nei centri gestiti dall’Italia: si trattava di 10 egiziani e sei bengalesi, soccorsi lo scorso 13 ottobre a bordo di due imbarcazioni di fortuna, la prima partita da Sabratha, la seconda da Zuara, entrambe località della Tripolitania. Poi la decisione del Tribunale di Roma che ha bocciato il trattenimento dei 12 migranti in Albania, trasferiti in Italia dopo la mancata convalida. Infine, il decreto “Paesi sicuri” del governo per risolvere la questione.
Insomma, a due settimane dal ‘famoso’ arrivo dei primi richiedenti asilo nell’hub “made in Italy” in territorio albanese e dal loro repentino dietrofront, per il freno tirato dal Tribunale di Roma, non ci si arrende. Si vuole riprovare a far funzionare la macchina inceppata appena partita, dopo aver provato ad oliare il motore giuridico. Obiettivo quindi è quella di non fermare le macchine, malgrado la decisione del tribunale di Roma che, rifacendosi alle direttive della Corte di giustizia Ue, ha stabilito che la “procedura accelerata di frontiera” per il rimpatrio non si può applicare ai migranti provenienti da Paesi considerati sicuri soltanto dall’Italia e non, appunto, da norme europee. Non solo: il 29 ottobre scorso ci si è messo di mezzo pure il Tribunale di Bologna che ha rinviato alla Corte di Giustizia europea il decreto del Governo sui Paesi sicuri.