Il Mercer CFA Institute sottolinea: “Il sistema italiano contiene buone caratteristiche annullate, però, da rischi e mancanze importanti”.
Roma – Il sistema pensionistico italiana naviga in brutte acque. Godersi la pensione dopo anni di lavoro è la meta agognata da tutti. Solo che per usufruirne, è necessario avere un sistema pensionistico che funzioni. Il Belpaese, ahinoi, non è messo bene. Anzi, è in zona retrocessione, tanto per utilizzare una locuzione sportiva. Il Mercer CFA Institute, un’associazione globale di professionisti dell’investimento, ha stilato una classifica utilizzando il Global Pension Index, un indice basato sulla media ponderata dei sottoindici di adeguatezza, sostenibilità e integrità. Sono stati confrontati 48 modelli a livello globale, pari al 65% della popolazione della terra. L’Italia si è piazzata al 35esimo posto. Secondo il report, il sistema pensionistico italiano contiene buone caratteristiche annullate, però, da rischi e mancanze importanti.
Se non si effettua un cambio di rotta, la sua sostenibilità non potrà essere garantita. La classifica è composta da una scala, che parte dalla lettera A (il punteggio più alto) fino alla E. L’Italia è rientrata nella lettera C con Paesi molto vari tra di loro, come Giappone, Brasile, Polonia, Indonesia e Cina. In cima alla classifica (lettera A) si sono insediati i Paesi Bassi con 84,8 punti, l’Islanda 83,4, Danimarca 81,6 e Israele 80,2. Questi Paesi sono dotati di “un sistema pensionistico di prima classe, solido e con buoni benefici, sostenibile e molto integro”. In dettaglio, l’Italia nei sottoindici utilizzati ha raggiunto il seguente punteggio: adeguatezza -68,2 punti (22° posto); sostenibilità -25,1 (47° posto); integrità -77,2 (21° posto). Col termine adeguatezza gli autori del report si sono riferiti alla progettazione del sistema, sostegno governativo, risparmio e attività orientate alla crescita.
La sostenibilità è stata intesa come demografia, spesa pubblica, crescita economica e debito pubblico. L’integrità, invece, fa parte delle attività inerenti la regolamentazione, la governance, la protezione dei cittadini, i costi attivi e un’appropriata informazione. Dalla classifica è lampante come sia la sostenibilità il fattore critico. Nel nostro sistema previdenziale, i lavoratori che versano contributi sono sempre di meno, si fanno pochi figli rispetto alle esigenze e non si sarà in grado di garantire il sistema. La popolazione è sempre più vecchia, mentre i giovani latitano. Nel Meridione, com’è noto, le pensioni erogate sono maggiori di stipendi e salari. Secondo i dati entro il 2028 ci saranno quasi 3 milioni di pensionati in più, lasciando il mercato del lavoro in affanno perché non c’è ricambio generazionale e nel sistema pensionistico si apriranno ulteriori falle. Gli autori del report sono del parere che con adeguate manovre il sistema italiano potrebbe avere delle migliorie.
Innanzitutto: aumentare il numero di lavoratori per far crescere, al contempo i contributi versati; in caso di crescita del tasso di aspettativa di vita, allungare l’età pensionabile; minimizzare la possibilità di offrire vantaggi per il prepensionamento; diminuire il debito pubblico e la spesa pensionistica in rapporto al PIL (Prodotto Interno lordo). L’attuale governo sembra orientato su una delle proposte del report, ovvero quello dell’allungamento dell’età pensionabile. Per il momento è su base volontaria. Si inizia così, prima con dolcezza, ma tempo qualche anno sarà definitivo. Lavorare fino a 70 anni è una vera e propria condanna. La gran parte delle persone compie lavori che definire gratificanti è una vera e propria eresia, quindi allungare l’età pensionabili sa molto di cinismo. Forse lo fanno per risparmiare. Nel senso che più si lavora, più si muore prima, poiché la forbice tra l’attività e il decesso si stringe sempre di più!