Sì dalla giunta del Senato a procedere contro Carlo Calenda, insultò Mastella

Il leader di Azione in un tweet aveva associato il nome dell’ex ministro della Giustizia a Cuffaro, Cesaro e alla cultura della mafia.

Roma – La notizia delle baruffe tra Carlo Calenda e Clemente Mastella è vecchia, tra schermaglie, battibecchi e minacce di querela. La notizia nuova è un’altra. Per un tweet offensivo nei confronti di Mastella, Calenda va a processo per diffamazione. Questa volta dalle minacce si è passati ai fatti. Con l’astensione di tutti i gruppi di centrodestra e il voto favorevole di Pd, M5s, Avs e Italia viva, la Giunta delle elezioni e immunità del Senato ha dato l’autorizzazione a procedere, per sindacabilità, nei confronti del leader di Azione. Successivamente il caso passerà all’esame dell’Aula, ed è difficile che la situazione cambi anche se qualche volta è accaduto che si ribaltasse un giudizio.

A far finire nei guai Calenda, un suo tweet, postato il 3 aprile scorso e considerato offensivo nei confronti dell’ex ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che l’ha querelato. Il leader di Azione commentò le voci intorno alle candidature di Stati Uniti d’Europa (lista che univa Italia Viva e +Europa) con queste parole: “Non ha alcun senso portarsi dietro, sia pure per interposta persona, Cuffaro, Cesaro e Mastella. La cultura della mafia è l’opposto dei valori europei”. Dopo questa frase è scattata la querela.

Il tweet di Calenda al centro della querelle

E poi la denuncia. “Questo pariolino viziato che gioca a fare il bulletto mediatico non può permettersi di associare il mio nome e la mia storia politica alla mafia”, aveva detto Mastella annunciando l’azione legale.   Sul caso è aperto un processo per diffamazione aggravata. Il gip del tribunale di Roma aveva chiesto a Palazzo Madama di decidere se concedere l’immunità al parlamentare. E il Senato ha detto sì. Una bomba che il leader di Azione ha cercato di disinnescare lo scorso 11 settembre. In audizione Calenda aveva sostenuto che il riferimento alla cultura della mafia non era rivolto al sindaco. “Il mio riferimento era a Cuffaro, su cui c’è una sentenza della Cassazione e non c’è bisogno di altre spiegazioni”, aveva sottolineato.

Il sindaco di Benevento ha tirato dritto, riservando al suo avversario – oltre alla querela – parole al vetriolo: “Renzi ha miracolato il pariolino con cariche importanti come quella di ambasciatore e ministro sottraendolo dall’anonimato cui era destinato. Calenda ha ripagato Renzi con perfidia e ingratitudine. Per me resta il ragazzotto cui affidavo le mie segnalazioni per il Cis di Nola: disse che mi avrebbe querelato ma non lo fece, perché è la verità. Stavolta non basterà l’intercessione di un avvocato comune amico che mi chiese con insistenza di ritirare la querela, ho il dovere di portarla avanti e non arretrerò di un millimetro per rispetto alla mia famiglia, alla mia etica e ai miei elettori. Se ha il coraggio – conclude l’ex leader dell’Udeur la sfida a Calenda – rinunciasse all’immunità parlamentare”.

Calenda in Senato

Il duello a distanza tra i due politici va avanti da anni. E nel mezzo di queste baruffe c’è finito spesso il nome del leader di Italia Viva. Calenda una volta disse che Renzi non somigliava Macron ma a Mastella. Quest’ultimo, con il piglio che di certo non gli manca rispose: “Non so quanto Renzi possa somigliarmi, avendo età e cultura diversi. Quanto a Calenda, per fortuna dei sosia politici, non somiglia a nessuno. Un pariolino vanitoso che pensa di essere Napoleone ma è solo e soltanto Calenda”. Di certo le scintille non sono finite qui.

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