Con l’Intelligenza artificiale al via la “moda” dei curricula taroccati

Il “Financial Times”, ha effettuato un’inchiesta da cui è emerso che oltre il 50% dei CV è costruito grazie ai software di IA generativa.

Roma – L’Intelligenza Artificiale (IA) alimenta i curricula taroccati. Prodigi dell’IA, oltre a falsificare le voci, riesce persino a taroccare i curricula. Altrimenti che Intelligenza sarebbe? Basta cercare su qualsiasi motore di ricerca “curricula e IA” e appare, come per miracolo, un lungo elenco di software capaci di produrre curricula completi da spedire ai vari indirizzi email delle aziende o su LinkedIn. Come si sa, quest’ultimo è un social network impiegato per lo sviluppo di contatti professionali e nella diffusione di contenuti specifici relativi al mercato del lavoro.

Il “Financial Times”, noto e prestigioso quotidiano economico-finanziario britannico, ha effettuato un’inchiesta tra i datori di lavoro e gli addetti alla selezione del personale, da cui è emerso che oltre il 50% dei CV e delle lettere di presentazione giunti a destinazione sono costruiti grazie ai software di IA generativa. Arrivano candidature di bassa qualità e invii massivi, come mirare nel mucchio, senza un’analisi pregressa su ciò che si desidera.

intelligenza artificiale il giornale popolare

Succede che i CV giungono a raffica e in tempi brevi; per un posto di lavoro ne arrivano più del doppio di quanto capitava precedentemente. Le candidature hanno raggiunto numeri vertiginosi, inversamente proporzionali alla loro qualità. Già l’avvento di internet aveva prodotto una crescita dei CV spediti, per il semplice fatto che le offerte di lavoro erano presentate a una piazza globale. L’IA ha accelerato questo processo, al punto che molti candidati si avvalgono di questa opportunità. Tuttavia, il gioco è stato scoperto, e i furbetti del CV sono stati smascherati.

Molte aziende manifestano tolleranza zero verso l’uso dell’IA per produrre CV e lettere di presentazione. Come hanno sostenuto molti manager, i testi che arrivano sono raffazzonati, con errori di grammatica o talmente generici da non avere i requisiti richiesti. Un CV reale deve evidenziare la personalità del candidato, le sue qualità, le sue passioni, e l’IA ancora non è in grado di farlo.

Però, pagando, si ottengono buoni risultati. Come ha rivelato una società di consulenza inglese per il Servizio Sanitario Nazionale, i candidati che hanno utilizzato la versione gratuita dell’IA hanno avuto meno probabilità di superare i test. Al contrario, coloro che hanno usato la versione premium (a pagamento), li hanno superati facilmente. I giovani sono più abili nel districarsi con l’IA e, raramente, vengono presi con le mani nel sacco. Inoltre, coloro che sfruttano la versione a pagamento, ovviamente, provengono dai ceti benestanti.

Il fatto che ci sia una stretta relazione con la classe sociale di provenienza influisce non poco sui processi di selezione e assunzione. La speranza, per le aziende e le agenzie di selezione del personale, è che in fase di colloquio, il candidato possa, alla fine, essere smascherato, assumendosene le responsabilità.

Tutta questa tecnologia piovutaci addosso, alla fine dei conti, sta trasmettendo una grande pigrizia, perché tutto viene delegato a macchine sempre più sofisticate. Non fanno eccezione coloro che si propongono per un lavoro, e la loro pigrizia si manifesta nel non sapersi distinguere nel mercato del lavoro. Data questa carenza, pensano di risolvere tutto affidandosi all’IA generativa, che falsifica la loro esperienza reale.

Tutto è automatizzato, ma non ci si rende conto che durante la fase di selezione per essere assunto, il rapporto diretto, faccia a faccia, sarà sempre necessario, piaccia o no. In questa fase, l’IA non serve a nulla, ma conta, se ne è rimasta a dosi sufficienti, solo l’Intelligenza naturale, la personalità e le emozioni. Ma era proprio necessario scoprire l’Intelligenza Artificiale? Non bastavano i… danni perpetrati da quella reale?

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