Colpo ai clan di Alcamo e Calatafimi: 10 arresti, tra loro l’ex senatore Pd Papania

Blitz antimafia: in manette pure l’ex vice sindaco di Alcamo, Pasquale Perricone. L’accusa è di associazione a delinquere di stampo mafioso, voto di scambio, estorsione e spaccio.

Trapani – Mafia e voto di scambio in Sicilia. La polizia di Trapani, su delega della Dda di Palermo, ha emesso 10 misure cautelari nei confronti di soggetti, tutti residenti in provincia di Trapani, accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale politico mafioso, estorsione e spaccio di stupefacenti aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa, traffico di influenze, violazione di segreto d’ufficio e porto e detenzione illegale di armi.

In manette, riporta il Giornale di Sicilia, è finito l’ex senatore del Pd Antonino Papania, fondatore del movimento politico Via, con un’accusa pesante: scambio elettorale politico-mafioso. Arrestato anche l’ex vice sindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, che la procura indica come l’intermediario fra Papania e il clan. L’ordinanza di custodia cautelare firmata dal presidente dell’ufficio Gip Alfredo Montalto porta in carcere pure otto persone indicate come appartenenti al clan mafioso di Alcamo. Il reggente viene indicato in Francesco Coppola. Dei rapporti con l’intermediario di Papania si sarebbe occupato invece Giosuè Di Gregorio, pure lui ritenuto un componente del clan, uno dei principali collaboratori di Coppola.

Antonino Papania, ex senatore del Pd ora nei guai

L’indagine, avviata nel maggio del 2021, ha documentato gli assetti e il rinnovato dinamismo delle famiglie mafiose di Alcamo e Calatafimi, in seguito all’arresto di numerosi esponenti storicamente al vertice delle stesse. Nel tentativo di colmare il vuoto creatosi, il clan alcamese aveva individuato il nuovo vertice in un pregiudicato locale. Stesso ruolo di reggente era stato attribuito a un altro pregiudicato di Calatafimi.

Diverse le estorsioni documentate verso imprenditori locali, tra i quali un imprenditore di Castellammare, con interessi nel settore della distribuzione alimentare e del mercato immobiliare, e due imprenditori alcamesi attivi nel settore dell’edilizia, del movimento terra e della commercializzazione di auto. Le vittime venivano minacciate di ritorsione qualora non avessero versato, nelle mani di un uomo di fiducia del capo famiglia alcamese, 50 mila euro. Un altro episodio estorsivo ha riguardato il titolare di un maneggio di Alcamo, costretto ad abbandonare l’azienda in seguito a contrasti con un soggetto vicino al clan. E ancora, un buttafuori trapanese, sotto minaccia, era stato costretto ad abbandonare il lavoro in un locale per favorire il figlio di un pregiudicato del posto.

L’inchiesta ha quindi documentato l’esistenza di un connubio affaristico-mafioso in grado di condizionare, anche dietro corrispettivo in denaro, il consenso elettorale. Il clan, infatti, avrebbe indirizzato il voto locale proprio in favore di un candidato alcamese, coordinatore provinciale del movimento politico Via, cristallizzando chiari indizi di colpevolezza nei confronti dell’ex senatore Papania, ispiratore del movimento e promotore di una richiesta di voti alla famiglia mafiosa, dietro un compenso in denaro pari a circa 3 mila euro, in occasione delle elezioni regionali siciliane del settembre 2022.

Da ultimo, l’inchiesta ha documentato l’attività di spaccio condotta dal clan anche grazie all’apporto di fornitori albanesi, e la detenzione di armi, nascoste dagli indagati e nella disponibilità del clan. Nel corso delle indagini uno degli appartenenti al clan è stato arrestato per detenzione ai fini di spaccio di oltre 9 chili di marijuana. In quella occasione sono stati inoltre trovati 2 fucili a canne mozzate calibro 12, con relativo munizionamento, entrambi risultati rubati.

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