Tatiana Tulissi, 16 anni senza giustizia. L’ex compagno alla sbarra per la quarta volta

La donna era stata uccisa nella villa di Manzano l’11 novembre 2008. La Cassazione ha annullato la sentenza di condanna di Paolo Calligaris e disposto un nuovo giudizio.

MANZANO (Udine) – Non è stato Paolo Calligaris ad uccidere la compagna Tatiana Tulissi con tre colpi di pistola? La Suprema Corte di Cassazione ha annullato la precedente condanna a 16 anni di carcere rimettendo in discussione il processo nella sua interezza e rinviando il caso giudiziario ad una nuova sezione della Corte d’Assise e d’Appello di Venezia. L’omicidio risale all’11 novembre 2008.

Tatiana Tulissi

Tatiana Tulissi, 37 anni, venne uccisa con tre colpi di pistola davanti l’ingresso della villa di Manzano, in provincia di Udine, dove viveva con Calligaris. Il revolver calibro 38 utilizzato per il delitto non è stato mai rinvenuto e l’inchiesta si era rivelata, sin da subito, un vero e proprio ginepraio, caratterizzata da diversi punti oscuri e da sentenze contrastanti. La vittima, originaria di Villanova del Judrio, frazione di San Giovanni al Natisone, nell’Udinese, era impiegata presso il mobilificio Laco con sede a Percoto. Appena rientrata in casa, intorno alle 17.20, Tatiana prendeva la legna per accendere la stufa. La donna era scesa in garage e proprio vicino alla legnaia sarebbe stata aggredita dal suo assassino. L’impiegata, una volta venuta alle mani con il killer, si sarebbe difesa con la forza della disperazione per poi tentare la fuga dirigendosi fuori dalla villa per chiedere aiuto.

Il sicario l’avrebbe inseguita sparando i primi due colpi di revolver che centravano la vittima alle spalle facendola stramazzare per terra in un lago di sangue. Mentre Tatiana agonizzava l’aguzzino sanguinario le sparava il colpo di grazia in testa, a bruciapelo, facendola spirare immediatamente prima di darsi alla fuga. A trovare il cadavere dell’impiegata era stato proprio Calligaris che, al suo rientro in casa con uno dei due figli, faceva la macabra scoperta. Erano le 18.30 circa e i due congiunti avvisavano soccorsi e carabinieri ma per la donna non c’era più nulla da fare. I militari, sulle risultanze del primo sopralluogo, ipotizzavano una rapina finita male ma nella villa, decisamente fuorimano, non mancavano soldi né preziosi e non c’erano nemmeno segni di effrazione alle porte dunque l’assassino aveva utilizzato le chiavi per entrare in casa e probabilmente conosceva la vittima.

Villa Calligaris dopo l’omicidio

Nessuna traccia dell’arma del delitto, nonostante le capillari ricerche sul posto. Fra l’imprenditore e la compagna pare ci fossero state precedenti incomprensioni ma nulla che potesse rappresentare un valido movente per un omicidio. La famiglia di Tatiana, negli anni, si è sempre battuta per conoscere la verità nonostante l’inchiesta fosse passata di mano per tre volte sino ad arrivare sulla scrivania del Pm Marco Panzeri, che aveva richiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio per Calligaris. Nell’inchiesta spuntava fuori anche un pregiudicato sardo, tale Luigi Carta, 66 anni, soprannominato “Lupo Solitario”, detenuto nel carcere di Venezia per una tentata rapina con sparatoria ai danni di un portavalori. In passato l’uomo era stato condannato a 10 anni di reclusione dal tribunale di Udine per la rapina della Banca di Credito cooperativo di Manzano del 9 dicembre 2008.

Paolo Calligaris

Quando tutti gli elementi sembravano contro il criminale di Dorgali nel 2019 il Gup Andrea Odoardo Comez stabiliva la condanna a 16 anni di carcere per Paolo Calligaris. Due anni dopo, nel 2021, la Corte d’Assise e d’Appello di Trieste terminava il processo con un verdetto assolutorio. Nel dicembre del 2022, però, gli Ermellini romani annullavano la sentenza di assoluzione ordinando un nuovo processo, stavolta davanti alla Corte d’Assise e d’Appello di Venezia. Nel dicembre 2023 la Corte lagunare confermava la condanna di primo grado a 16 anni, accogliendo le richieste del Pm Marco Panzeri. Il 14 settembre scorso la Suprema Corte, presieduta da Rossella Catena, ha accolto l’istanza della difesa annullando la sentenza e disponendo un nuovo processo d’appello, che verrà nuovamente celebrato a Venezia. A quasi 16 anni dall’omicidio quello che rischia di rimanere un cold case, un caso freddo come dicono gli americani, rimane un’inchiesta confusa e dai contorni mai definiti per bene. La mamma della vittima, Meri Conchione, spera che durante quest’ultimo processo possa venire fuori il nome dell’assassino, una volta per tutte.

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