Va in scena la protesta dei balneari contro il governo, ma la categoria è spaccata

L’esecutivo punta, dopo le ferie, a definire un quadro giuridico certo: gare subito ma con una mini-proroga per indennizzi adeguati.

Roma – Da giorni avevano annunciato la protesta. E questa mattina i balneari hanno messo in atto la mini-serrata, aprendo gli ombrelloni solo alle 9:30, due ore dopo l’inizio ufficiale. Le risposte del governo sulle loro istanze non ci sono state. Avevano chiesto entro la pausa estiva un intervento normativo sull’annosa – e irrisolta – questione delle concessioni. I balneari infatti hanno scelto la via dello sciopero per protestare contro il governo e la possibilità di mettere a gara le concessioni balneari, che dovrebbero scadere alla fine del 2024. Ma la categoria si spacca.

Se Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti hanno imboccato la strada della mobilitazione, altre sigle come Assobalneari, Federbalneari e Cna si sfilano, parlando di “iniziativa spot”. L’orario scelto è il meno affollato della giornata, e comunque nelle due ore di chiusura si è potuto andare in spiaggia, dove erano presenti i bagnini. Gli ombrelloni e i lettini sono rimasti chiusi. Assobalneari aveva fatto sapere già ieri che non avrebbe sostenuto l’apertura ritardata degli ombrelloni “per non penalizzare migliaia di consumatori che hanno scelto gli stabilimenti balneari italiani per le loro vacanze”.

Bagnini garantiti

Per questo migliaia di aziende associate ad Assobalneari e La Base Balneare con Donnedamare si sono astenute dallo sciopero, fanno sapere i presidenti Fabrizio Licordari e Bettina Bolla, convinti che la via maestra sia “sostenere la validità della mappatura fatta dal governo italiano”, secondo cui il 67% delle coste è disponibile al libero mercato. I balneari, infatti, chiedono certezze per le concessioni che sono scadute lo scorso 31 dicembre dopo lo stop del Consiglio di Stato alle proroghe decise dal governo. Diversa invece la posizione di Sib che non accetta “il gioco di dividere la categoria”. Il presidente Antonio Capacchione, aveva fatto notare: “Sarà uno sciopero gentile. A chi non ritiene di aderire dico: scegliete un’altra iniziativa, ma non fare nulla è sbagliato”.

E alle associazioni dei consumatori, dal Codacons all’Aduc all’Unc, contrarie alla protesta, aveva replicato: “Chiuderemo gli ombrelloni dalle 7.30 alle 9.30, le due ore mattutine in cui di solito c’è pochissima gente. E ai pochi ospiti offriremo caffè, brioche, io in Puglia darò pane e pomodoro e frutta. Se penalizziamo gli utenti? Ma lo facciamo anche per loro. Con le gare al rialzo succederà quello che è successo a Jesolo, dove hanno tolto le spiagge ai vecchi concessionari ed è arrivato Mr.Geox che ha raddoppiato le tariffe”. “Non è uno sciopero di bandiera, è nell’interesse generale della categoria”, aveva aggiunto il presidente di Fiba, Maurizio Rustignoli, ricordando che la sua federazione con il Sib “rappresenta in Italia quasi il 90% degli operatori balneari” e stimando un’adesione all’80% per la protesta. Negli stabilimenti tutti i servizi sono garantiti, dal salvamento – con i bagnini operativi – ai servizi igienici, alle docce. Con qualche iniziativa creativa, come un brindisi con i calici alzati a Rimini.

Una protesta dei balneari a Roma

Ma certamente i balneari hanno poco da brindare. Sono incerti sul loro futuro. Si sono sempre opposti alla messa a gara delle concessioni: il governo attuale – come gli altri precedenti – si è sempre detto contrario, ma dopo ripetuti richiami sia da parte dell’Unione Europea che del Consiglio di Stato non è più riuscito a evitarlo. I proprietari degli stabilimenti lamentano, però, il fatto che manchino dei criteri nazionali sulle gare e che ogni ente locale possa definire le regole in autonomia, con conseguenti disparità di trattamento tra una località e l’altra. Inoltre richiedono il riconoscimento di un indennizzo economico per i concessionari uscenti, che perderanno la concessione a causa delle gare pubbliche.

Da decenni le concessioni balneari vengono quasi sempre prorogate in modo automatico agli stessi proprietari, peraltro con canoni d’affitto molto bassi. Ma questo metodo viola la direttiva europea del 2006, nota come “direttiva Bolkestein”, che impone a tutti i paesi membri dell’Unione di fare dei bandi per mettere a gara le concessioni e aprire così il mercato alla concorrenza. Dal 2006 a oggi, però, governi italiani hanno fatto slittare la scadenza delle concessioni, temendo di inimicarsi la categoria dei balneari. L’ultima proroga era stata quella voluta dall’attuale governo Meloni, che con la legge di bilancio approvata nel dicembre del 2022 ha prorogato le concessioni fino alla fine del 2024.

L’applicazione della direttiva Bolkestein

Ma a 48 ore dalla protesta dei balneari – con gli ombrelloni aperti con due ore di ritardo sulle spiagge italiane – dall’Unione Europea era arrivato un altro ultimatum all’Italia. Bruxelles invitava il nostro Paese a cercare delle soluzioni sul riordino delle concessioni. Un nodo che dovrà quanto prima essere affrontato in Consiglio dei Ministri. Dopo la risposta dell’Italia a gennaio sull’invito non troppo velato arrivato dall’Europa per l’applicazione della direttiva Bolkestein, la Commissione europea “è in stretto contatto con le autorità italiane”. Sono ore calde per la categoria e non solo per la temperatura rovente dell’estate. Il nodo resta la procedura di infrazione europea che pende sull’Italia, accusata di non aver ancora fatto partire le gare sulle concessioni prevista dalla direttiva.

La riassegnazione deve avvenire entro la fine di quest’anno, ma mancano all’appello criteri nazionali e gli enti locali si stanno avviando a mettere a punto le procedure per conto proprio. I negoziati con Bruxelles sono in corso, ma un portavoce dell’esecutivo Ue ha fatto sapere che “il parere motivato” spedito a Roma a novembre “è l’ultimo passaggio prima di un possibile deferimento alla Corte di giustizia Ue”. Intanto la categoria è allarmata dalla mancanza di certezze e prospettive.  “Siamo terrorizzati – ammette Capacchione –ma non abbiamo altra scelta per farci ascoltare. Se fossimo irresponsabili chiuderemmo tutto, ma non lo siamo”. Il nodo del problema è sempre l’applicazione della direttiva Ue Bolkestein che si trascina da 14 anni. A gennaio 2025 dovrebbero tenersi le prime aste aperte agli operatori europei. La normativa vigente impone di mettere a gara le concessioni non oltre il 31 dicembre 2024. 

Ma qual è il piano del governo? “Un quadro giuridico certo”, cioè gare subito ma con una mini-proroga per consentire le perizie asseverate e indennizzi adeguati, come ha spiegato anche la stessa Giorgia Meloni. La premier ha convocato un vertice a palazzo Chigi (a margine del Cdm, prima delle vacanze) chiarendo che un accordo con l’Unione europea non è più procrastinabile. “Ci vediamo il 27 agosto”, ha detto poi la premier chiedendo a tutti “sobrietà” durante le ferie.

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