Alessia Pifferi

Alessia Pifferi, i giudici: “Lasciò morire la figlia di stenti per un weekend col compagno”

Pubblicate le motivazioni della sentenza con la quale la 38enne è stata condannata all’ergastolo per omicidio volontario nei confronti della piccola Diana, 18 mesi.

Lasciò la figlia a casa da sola, condannandola a morire di fame e di sete, per farsi un lungo weekend col compagno. Questa la motivazione della sentenza con la quale Alessia Pifferi è stata condannata all’ergastolo per l’omicidio volontario della figlia Diana, 18 mesi appena. Secondo i giudici della prima sezione della Corte d’Assise di Milano, la 38enne, originaria di Crotone ma residente a Milano, non merita alcuna attenuante, vista “l’elevatissima gravità, non solo giuridica, ma anche umana e sociale” del crimine, e il futile ed egoistico motivo che l’ha spinta a commettere l’atto: il desiderio di avere dei momenti di autonomia, trascurando il dovere primario di accudire la propria figlia.

I giudici, nelle motivazioni della sentenza di primo grado del 13 maggio, affermano che “non c’è dubbio” che lasciare la piccola Diana da sola a casa, sapendo che ciò avrebbe potuto portare alla sua morte per fame e disidratazione, al fine di trascorrere un lungo weekend con il compagno, rappresenta un esempio chiaro dell’aggravante dei futili motivi.

Alessia Pifferi e la piccola Diana
Alessia Pifferi e la piccola Diana

Il documento di circa 50 pagine ripercorre gli eventi che hanno portato alla morte di Diana: abbandonata il 14 luglio 2022 nell’appartamento di via Parea a Milano, con accanto solo un biberon di latte e una bottiglietta d’acqua, è stata trovata senza vita nel suo lettino il 20 luglio. L’autopsia ha stabilito che la morte è avvenuta tra il 18 e il 20 luglio a causa di una grave disidratazione.

La corte sottolinea che, come tutti i genitori, Pifferi aveva il dovere giuridico di garantire la vita e la sicurezza della figlia, dovere che ha completamente trascurato. Inoltre, i giudici notano che la donna era consapevole delle conseguenze della sua condotta, anche se ha cercato di minimizzare la propria responsabilità dichiarando di aver compreso la gravità dei suoi atti solo dopo un percorso psicologico in carcere. Tuttavia, le evidenze mostrano che Pifferi era perfettamente in grado di intendere e volere e che ha mentito per proteggere se stessa.

Gli stessi giudici evidenziano che, già in passato, Pifferi aveva lasciato la figlia da sola per periodi prolungati, dimostrando una chiara coscienza della pericolosità del suo comportamento. Infatti, nei primi due fine settimana di luglio 2022, Pifferi aveva già abbandonato Diana per oltre 48 e 72 ore rispettivamente. Tuttavia, durante l’ultimo abbandono di sei giorni, la bambina è morta di stenti.

Il comportamento processuale di Alessia Pifferi è stato valutato “negativamente” dai giudici, poiché ha cercato di sottrarsi alle proprie responsabilità attraverso dichiarazioni false e atteggiamenti manipolatori, mostrando una scarsa capacità di riflettere criticamente sulle proprie azioni omicide. Inoltre, è stato considerato “particolarmente significativo” il suo tentativo di accusare il compagno di essere moralmente responsabile dell’accaduto, sostenendo che lui non accettasse la presenza della bambina, quando in realtà la decisione di non tornare a casa il 18 luglio è stata esclusivamente sua.

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