Report di Unioncamere sul 2023: reclutamento da parte delle aziende di oltre 768 mila laureati, ma non sono riusciti a trovarne 376 mila.
Roma – AAA: Laureati cercasi! Il mercato del lavoro in Italia ha degli aspetti stravaganti. Da un lato si fa fatica a trovare lavoro, pur in possesso di titoli di studio terziari e oltre. Per alcune professioni, invece, il lavoro c’è, ma mancano i lavoratori qualificati. Tra i più ricercati spiccano gli ingegneri scientifici, informatici e le professioni sanitarie. Pare che il 50% delle imprese rimane scoperta per molti ruoli lavorativi. E’ una problematica decisiva perché è a rischio la tenuta sociale ed economica del Paese. Unioncamere (l’Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura) l’ente pubblico che unisce e rappresenta istituzionalmente il sistema camerale italiano, in concerto col Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, hanno presentato un report relativo al 2023 sulle possibilità lavorative del mercato del lavoro italiano.
L’anno scorso le imprese italiane hanno programmato il reclutamento di oltre 768 mila laureati, però non sono riusciti a trovarne ben 376 mila. Particolarmente ricercati i laureati in economia, ingegneria in varie specializzazioni: industriale, civile, elettronica e dell’informazione. A seguire altri indirizzi: insegnamento e formazione, sanitario e paramedico, scientifico-matematico-fisico-informatico. Le professioni per cui le aziende hanno registrato enormi difficoltà nel trovare personale sono gli ingegneri elettrotecnici, dell’informazione, le sanitarie ed infermieristiche. Come è difficile assumere tecnici gestori di reti e di sistemi telematici, farmacisti. Con percentuale più basse, specialisti in terapie mediche, medici di base, progettisti e amministratori di sistemi, analisti e progettisti di software e tecnici programmatori. Da questi dati si può desumere che in un futuro non troppo lontano, la nostra società potrebbe patire la mancanza di ingegneri e medici, con tutte le conseguenze per lo sviluppo tecnologico e per la cura della salute.
Lo studio ha evidenziato l’esistenza, per il 62,9% dei casi, di un divario nell’offerta di lavoro, a causa del numero ridotto di candidati disponibile. Sono, invece, del 29,3% dei casi gli ostacoli prodotti dalla formazione non adeguata al ruolo. I dati definitivi sull’occupazioni dei laureati sono stati diffusi da AlmaLaurea, il Consorzio interuniversitario con finalità o obiettivi di studi statistici inerenti al mondo universitario italiano. Ad un anno dalla laurea, il tasso di occupazione, nel 2002 è stato del 75,4% tra i laureati di 1° livello e del 77,1% tra quelli di 2°. La tendenza appare positiva nei riguardi degli anni precedenti. Dopo un anno le possibilità sono, addirittura, in crescita. Infatti, dopo cinque anni dal conseguimento della laurea, il livello di occupazione per le lauree del 1° livello è del 92,1%, mentre per quelle del 2° dell’88,7%. Le lauree che offrono maggiori possibilità di accesso al lavoro, secondo AlmaLaurea, sono più o meo quelle della ricerca a cura di Unioncamere e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Ovvero: ingegneria elettronica e dell’informazione, statistica, ingegneria industriale e altri indirizzi, area scientifica, matematica, fisica e informatica. Il fatto che il nostro Paese produce poco laureati rispetto ad altri Paesi dell’Unione Europee è conclamato da anni, ormai.
Inoltre, se una buona parte di giovani in possesso di titoli di studio decide di emigrare all’estero dove offrono migliori condizioni retributive e di vita, il rischio è di trovarsi depauperato delle poche risorse disponibili e con una manodopera non all’altezza di una società altamente tecnologica. Gli investimenti nella formazione dovrebbero essere al primo posto dell’agenda politica di qualunque governo che abbia a cuore le sorti del Paese. Ma la classe dirigente attuale sembra voltarsi dall’altra parte, facendo finta di nulla, come confermano le risorse finanziarie ridotte per le Università, decise dal governo!