Caso Yara, pm Ruggeri: “Nelle 54 provette non c’è niente, spesa inutile tenerle in frigo”

I verbali del magistrato che indagò sull’omicidio della giovane e incastrò Massimo Bossetti, indagata per frode nel processo e depistaggio.

Roma – Le 54 provette con i campioni di Dna sul caso dell’omicidio di Yara Gambirasio sono state spostate perché “dentro non c’è più niente, non c’è più nulla che possa essere analizzato, perché il Dna di Bossetti che è stato utilizzato è stato tutto consumato nella fase delle indagini preliminari”,  è quanto aveva dichiarato e messo a verbale fin dal 2021 la pm Letizia Ruggeri, il magistrato che a lungo ha indagato sul delitto del 26 novembre del 2010 fino all’incriminazione di Massimo Bossetti, condannato poi in via definitiva all’ergastolo.

Si tratta delle provette attorno alle quali è in corso una disputa legale che vede la pm indagata per frode in processo e depistaggio. Come rende noto l’Adnkronos, la pm già nel verbale del 10 marzo del 2021, davanti all’allora procuratore vicario di Venezia, aveva confermato lo spostamento di quelle provette dal frigo dell’ospedale milanese San Raffaele all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo, assicurando però che era un passo insignificante in quanto ormai il contenuto era stato già ampiamente utilizzato in fase di indagine e il processo a Bossetti era già concluso con i tre gradi di giudizio.

Yara Gambirasio e il pm Ruggeri

“La custodia io l’ho fatta curare con le massime cautele fino al passaggio in giudicato della sentenza”, ha spiegato Ruggeri nelle informazioni rese alla Procura veneziana che ora ha chiesto l’archiviazione del caso sul quale però il Gip si è riservato la decisione. Dopo la sentenza di Cassazione, “Ho fatto mettere le provette a temperatura ambiente” perché “non ho ritenuto di onerare lo Stato di una spesa inutile” spiega nel verbale la pm che ha ribadito la sua versione anche nei successivi interrogatori. A sostegno della sua decisione, la pm ha ricordato quanto le era stato descritto dai consulenti della Procura, il professor Giorgio Casari e il colonnello del Ris Giampietro Lago. “Io so che era un materiale assolutamente… Cioè i rimasugli assolutamente scadente, inidoneo per qualsiasi altra comparazione e ripetizione di esame” aveva precisato la Pm nel verbale. Un racconto confermato poi dagli stessi consulenti in fase di indagine a Venezia.

Su quelle provette la difesa di Massimo Bossetti punta per tentare la revisione del processo attraverso un nuovo esame del dna ma per la pm Ruggeri quella traccia genetica è “lampante, chiarissima” e “assolutamente inequivocabile”.  “Per 45 udienze, ne abbiamo discusso molto approfonditamente” e “la sentenza della Cassazione fa piazza pulita di tutti i dubbi” conclude la pm.

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