Nei prossimi giorni potrebbero esserci ulteriori sviluppi investigativi ma quanto appurato dagli inquirenti la dice lunga su un "sistema" bene architettato che avrebbe permesso di lucrare facilmente in danno dello Stato e dei cittadini onesti.
Pavia – È stato un oceanografo di origini russe, Lev Aleksandrovich Zenkevich, a coniare la parola biomassa nel lontano 1931.
L’energia da biomasse è prodotta da materiali di origine organico-vegetale quali piante, alghe marine, rifiuti organici vegetali, legno, rami e legname da ardere, scarti di lavorazione dell’industria agroalimentare o del legno, scarti e reflui dell’allevamento del bestiame e residui delle attività agricole o forestali.
Per incrementare il ricorso a questa fonte di energia rinnovabile, negli ultimi anni è stata anche intrapresa ed implementata la coltivazione di specie vegetali destinate esclusivamente alla combustione.
Le biomasse sono bruciate all’interno di una camera di combustione: il calore così ottenuto viene utilizzato per la produzione di energia elettrica o come fonte di riscaldamento o, ancora, per altri usi. Insomma una conquista “ecosostenibile” in grado di produrre energia pulita dunque a basso impatto ambientale.
In Italia le centrali a biomasse sono subito diventate un affare. Un affare, spesso sporco, in cui gli zeri possono moltiplicarsi senza fatica grazie ai soliti contributi pubblici che, anche molto facilmente, possono essere percepiti in maniera spregiudicata e spesso senza controlli né verifiche. Poi però capita qualcosa che manda tutto all’aria e c’è chi ci lascia le penne.
Stavolta è toccato alla provincia di Pavia dove il 27 gennaio scorso militari della guardia di Finanza e carabinieri, con l’ausilio di mezzi aerei, hanno effettuato una brillante operazione di polizia che si è conclusa con l’esecuzione di 11 misure cautelari, 6 arresti domiciliari e 5 obblighi di firma, oltre al sequestro di beni mobili e immobili.
Nel mirino degli inquirenti sono finiti la Biolevano, società che opera nel settore delle biomasse ed i suoi vertici aziendali. La frode ai danni dello Stato si aggirerebbe intorno ai 143 milioni di euro.
A seguito delle indagini condotte dalle Fiamme Gialle di Pavia a partire dall’ottobre 2019 e coordinate dal procuratore aggiunto Mario Venditti e dal sostituto procuratore Paolo Mazza, la guardia di Finanza e i carabinieri di Pavia hanno eseguito oltre una cinquantina di perquisizioni in diverse regioni tra cui Trentino Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Lazio e Sardegna.
Un duro colpo all’organizzazione criminale che dal 2012 ad oggi ha sottratto oltre 143 milioni di euro di contributi pubblici.
Le Fiamme Gialle hanno altresì sequestrato, su disposizione del GIP del Tribunale di Pavia, ben 69 rapporti bancari, 22 quote societarie di altre società del gruppo del valore di circa 19 milioni di euro, 147 fra veicoli, immobili e terreni del valore di oltre 12 milioni di euro, tra cui un prestigioso appartamento nel cuore di Milano, una villa con piscina vista mare a Portobello di Gallura (SS) e una villa in collina a Garbiate (LC), oltre all’intera centrale elettrica di Olevano Lomellina, del valore di circa 70 milioni.
Tutto nasce nel 2011 a seguito dell’adesione del nostro Paese al protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici, nel quale si impegnava a livello internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.
Allo stesso tempo, venivano introdotti specifici incentivi economici per l’uso di energia da fonti rinnovabili, tra cui, le biomasse legnose.
La legge, però, subordinava l’incentivo economico all’utilizzo di legname proveniente da un razionale e corretto sfruttamento dei boschi che assicurasse di preservare il loro naturale ciclo vitale, imponendo, di conseguenza, rigide regole su provenienza e tracciabilità delle biomasse bruciate.
Eppure l’obiettivo di contribuire alla riduzione dell’emissione dei gas serra preservando il patrimonio boschivo, non sembrava essere prioritario per la Biolevano che, al contrario, avrebbe puntato ad assicurarsi illecitamente i cospicui incentivi statali impegnandosi solo sulla carta.
L’azienda di fatto acquistava qualunque tipo di legname, reperibile anche all’estero, purché al prezzo più basso sul mercato.
A questo punto, per far risultare il legname di provenienza locale dunque tracciato, ai vertici della Biolevano sarebbe stato sufficiente falsificare i documenti di trasporto e le fatture. Un modus operandi che avrebbe permesso di frodare, negli ultimi cinque anni, contributi per oltre 143 Milioni di euro, erogati dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e, in ultima analisi, prelevati dalle tariffe delle bollette elettriche pagate da tutti noi ignari cittadini, mediante una specifica voce in bolletta: ”a sostegno delle energie rinnovabili”.
L’indagine partita due anni fa, sulla base di un’attività di intelligence della Procura, poi sviluppata di concerto con la Guardia di Finanza di Pavia, ha consentito di sollevare il velo su un sistema di frode incentrato, in ultima analisi, sulla falsificazione di documenti di trasporto e fatture.
Le Fiamme Gialle hanno verificato che buona parte del legname “falsamente tracciato ed a km zero” proveniva, in realtà, dalla Svizzera e che molti degli autisti della “cricca” viaggiavano con due tipi documenti di trasporto: uno originale che veniva distrutto non appena il carico arrivava nei pressi dell’impianto e uno falso, redatto ad hoc per essere mostrato agli ispettori del ministero.
Per quanto riguarda i fornitori di legname le indagini accertavano che, dal 2012 al 2019, sarebbero stati presenti tre persone, amministratori di società che si sarebbero adoperati per fare ottenere alla centrale, in modo fraudolento, il massimo contributo statale disponibile.
Le perquisizioni a tappeto, i sequestri dei numerosi documenti e dei supporti informatici che i finanzieri hanno eseguito potrebbero portare ad ulteriori sviluppi investigativi in relazione ad aspetti ancora non approfonditi in merito alla reale provenienza e tipologia di alcune partite di materiale che si trovano all’interno degli impianti della Biolevano. In provincia di Pavia, e nella stessa Lomellina, ci cono altre centrali di biomassa alcune delle quali ferme o non funzionanti sin dalla loro realizzazione.
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