ROMA – ORA COME ALLORA: SOLDI O TERRORISTI IN CAMBIO DEGLI OSTAGGI? LA LIBIA BATTE DI CASSA

Gli ostaggi torneranno a casa dopo il pagamento del riscatto. Oggi come ieri la storia si ripete. Roma cederà alle richieste di Tripoli.

Roma – Sono ormai due mesi che la città di Mazara del Vallo attende invano il ritorno dei suoi pescatori dalla Libia. Vecchia storia quella della pesca del pregiatissimo “gambero rosso“, il nobile crostaceo conteso tra la marineria siciliana e quella libica da troppi anni. Una storiaccia che nemmeno Bettino Craxi, all’epoca presidente del Consiglio, seppe risolvere se non in parte in un momento storico zeppo di tensioni internazionali in cui l’Italia si era venuta a trovare in mezzo al fuoco incrociato di Tripoli e Washington.

Bettino Craxi

Oggi la manfrina si ripete con la guardia costiera libica che rivendica il possesso di acque territoriali da sempre dubbie e, come sempre, agisce di testa propria prevaricando le regole della navigazione internazionale. A cui nessuno si oppone. Gli effetti sono quelli noti a tutti: il sequestro dei natanti, dei pescatori e, soprattutto, del pescato. Poi il copione si ripete: i familiari rivendicano il rientro dei loro cari, i politici dell’opposizione colgono la palla al balzo per strumentalizzare l’ansia dell’attesa e il governo che promette il rientro dei congiunti a breve.

In questo caso “a breve” è durato due mesi ma in altri casi, negli anni, il rientro dei pescatori è stato dilazionato più a lungo, a seconda degli accordi del momento che avevamo con la Libia, ieri con Gheddafi, oggi con Fayez al Sarraj. Stanchi del silenzio del governo, sempre secondo la ripetuta sceneggiatura, i parenti degli ostaggi partono per Roma dove intendono rimanere sino a quando non giungeranno notizie certe dei loro congiunti:

Il presidio dei parenti dei pescatori a Roma in piazza Montecitorio

“…Ci sentiamo un po’ abbandonati, c’è fiducia nelle istituzioni, ma finora non abbiamo visto niente di concreto – dice Anna Giacalone, madre di uno dei pescatori – in più occasioni la Farnesina ha garantito che sono in buone condizioni di salute ma non li abbiamo più sentiti da un mese e mezzo. Pare che lo scorso 20 ottobre si sarebbe dovuto svolgere il processo a loro carico che poi non avrebbe avuto luogo. Che cosa sta succedendo?…”. 

Il sequestro dei natanti si è consumato il giorno successivo all’incontro fra Luigi Di Maio e il premier libico Fayez al Serraj a cui ha partecipato il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk Aguila Saleh. Fra gli invitati non figurava il generale Khalīfa Belqāsim Ḥaftar Alferjani, ad arte lasciato dietro la porta. Le milizie del Libyan national army, fedelissime del generale cirenaico, avrebbero scatenato l’inferno appena saputo dello sgambetto diplomatico al proprio comandante in capo. Dunque, per vendetta. l’ordine del sequestro dei natanti italiani. E la storia si ripete.

Oltre ai 18 pescatori di nazionalità italiana, tunisina, indonesiana e senegalese (le cui autorità diplomatiche non avrebbero alzato un dito, ndr) i miliziani di Haftar hanno prelevato anche il comandante del peschereccio ‘Anna Madre’ e il primo ufficiale del ‘Natalinò‘ di Pozzallo, che la sera dell’aggressione libica erano riusciti ad invertire la rotta durante il negoziato con le milizie. Il resto è ordinaria amministrazione.

Adesso le famiglie dei pescatori stazionano davanti Montecitorio e una loro delegazione è stata ricevuta dal premier Conte che ha assicurato una rapida risoluzione del caso, prestando cosi il fianco alle polemiche, anche queste sterili, di Meloni e Salvini che rivendicano, con il solito refrain populista, il prestigio dell’Italia con le solite contumelie da avanspettacolo. Inutili e dannose in una situazione politica, in generale, ormai irrimediabilmente compromessa:

“…Noi da qui non ci muoviamo – aggiunge l’armatore Leonardo Gangitanorestiamo piazzati perché da qui nessuno può far finta di non vederci e rendersi conto di quello che sta accadendo a dei padri di famiglia che erano usciti semplicemente per andarsi a guadagnare il pane...”. A cui fa da eco un suo collega, molto più incazzato:

“… Un giorno, di sabato mattina, mentre eravamo a piazza San Pietro, abbiamo ricevuto una chiamata dalla Farnesina – racconta Marco Marronedurante la quale ci hanno convocati per fare una videochiamata con i pescatori in Libia. Siamo andati lì ma la chiamata non riusciva a partire perché, ci dicevano, c’erano problemi di connessione. Poi dopo alcune ore ci hanno detto che non avrebbero tentato ulteriormente per difficoltà tecniche…”.

Di Maio con Fayez al Serraj a Tripoli. Tutto inutile, ieri come oggi. 

I mazaresi si sentono presi per i fondelli ma è la Libia, oggi come ieri, a condurre la partita. Nel 2012 i libici sequestrarono tre pescherecci di Mazara del Vallo denunciando diversi giorni dopo il sequestro il rinvenimento a bordo di alcune anfore antiche. In quell’occasione i maghrebini, menzogneri per tendenza, vennero smentiti dall’autorevole perizia tecnica di Sebastiano Tusa, già sovrintendente del Mare della Regione Siciliana, che sputtanava le autorità della Quarta Sponda con dati di fatto inconfutabili. 

I libici, ora come allora, pretendono qualcosa, o qualcuno, in cambio per il rilascio degli ostaggi che, guarda caso, nessuno osa definire cosi. Rimane da vedere il prezzo. Ma questo è solo un dettaglio. Pagheremo e i pescatori torneranno a  casa. Sino al prossimo sequestro. 

 

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