Il ministro Schillaci aveva annunciato il piano ad aprile, dovrebbe approdare il Consiglio dei ministri a giugno prima delle europee.
Roma – Ad aprile il ministro della Salute Orazio Schillaci lo aveva annunciato: un piano del governo per abbattere le liste d’attesa, con un investimento da 600 milioni l’anno da replicare fino a fine legislatura, per sconfiggere il nemico numero uno della Sanità italiana. Tra i punti del decreto che sarà sul tavolo del Consiglio dei ministri i primi di giugno, c’è lo stop ai fondi a pioggia alle Regioni: verranno assegnati agli ospedali con le code più lunghe che potranno spenderli per il lavoro extra del personale o per acquistare le prestazioni dai privati. Un piano straordinario che vede in prima linea Schillaci e che servirà a pagare l’extra lavoro di medici e infermieri ma anche per acquistare dalle strutture private le prestazioni se gli ospedali pubblici non ce la faranno con le loro forze.
Ma in attesa di conoscere i dettagli del piano – di cui è circolata una bozza – i sindacati di medici e infermieri tornano a sollevare il problema delle coperture finanziarie del provvedimento. Per il sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed “il problema principale” è che nella bozza “non sono indicate le coperture finanziarie. Speriamo e chiediamo che i fondi non vengano presi dal Fondo sanitario nazionale – auspica il segretario Pierino Di Silverio – perché il ‘calderone’ è sempre lo stesso e senza ulteriori investimenti non si farà altro che utilizzare somme già previste e destinate ad altro”. Servono quindi “investimenti extra Fondo sanitario che siano specificamente destinati alle liste di attesa”.
Critico anche il presidente del sindacato infermieri Nursing Up, Antonio De Palma, per il quale mancano ad oggi le coperture finanziarie per attuare l’abbattimento delle liste di attesa e assumere infermieri dall’estero, per coprire il buco di 175mila professionisti dell’assistenza mancanti all’appello, sarebbe una scelta paradossale e controproducente. L’impegno del ministro Schillaci, “è innegabile”, sottolinea De Palma, ma “non vorremmo che si trattasse di una strategia politica, l’ennesima, a pochi giorni dal voto in Europa”. Secondo De Palma, per tagliare le liste di attesa occorre “assumere nuovi professionisti e soprattutto garantire aumenti di stipendio e incentivi al personale per aumentare i carichi di lavoro e arrivare a
snellire i tempi di un esame o di un intervento”.
Inoltre, “sarebbe necessario cancellare il tetto di spesa sulle assunzioni di medici e infermieri”, e “valorizzare i
professionisti che abbiamo in casa”. Per il segretario Anaao nella bozza di decreto ci sono aspetti “positivi” ma anche “lati oscuri”. “Positivi” sono la defiscalizzazione al 15% delle prestazioni aggiuntive dei medici e il superamento del loro limite massimo, come anche l’abbattimento del tetto di spesa all’assunzione di personale. Mentre dubbi suscita l’aumento della spesa per i privati: “questo ci appare una sorta di via libera alla sanità privata” – evidenzia Di Silverio – Infine, “il punto è che si continua ad agire sugli effetti e non sulla causa: per eliminare le liste d’attesa non basta far lavorare di più i medici o aprire al privato ma bisogna modificare il sistema strutturalmente partendo da una reale promozione della professione medica
rendendola più appetibile”, aggiunge.
Per Rita Longobardi, segretaria generale Uil-Fpl il decreto “rende il Sistema sanitario nazionale primo cliente del mercato privato accreditato. Non servono soluzioni spot, a ridosso delle elezioni europee, – afferma – ma piuttosto interventi strutturali attraverso l’assunzione di nuovi professionisti e il rinnovo dei Ccnl scaduti con risorse adeguate per la valorizzazione del personale”. Per Cittadinanzattiva il decreto contiene “alcuni interventi che vanno nella direzione giusta”. Tuttavia le risorse sono “un punto critico” – sottolinea anche la segretaria generale Anna Lisa Mandorino – “Non c’è un quadro preciso dei fondi a disposizione. Forse è ancora in corso una discussione fra i ministeri della Salute e dell’Economia. – aggiunge – Ma non dimentichiamo che non tutte le Regioni hanno utilizzato il fondo di 500 milioni stanziati nel 2022 per il recupero delle liste d’attesa. È ancora disponibile circa il 33% dello stanziamento, per un totale di 165 milioni”.