ROMA – CASSAZIONE: NESSUN RISARCIMENTO ALLA FAMIGLIA DEL LADRO UCCISO

Dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla sorella del ladro ucciso dal tabaccaio di Civè sei anni fa. Cosi deciso dagli Ermellini di piazza della Repubblica.

Roma – In una tabaccheria del Piovese, a Civè di Correzzola, è notte inoltrata il 26 aprile 2012 quando entrano alcuni ladri. Franco Birolo, titolare dell’esercizio, dorme al piano di sopra e, svegliato dai rumori, scende in negozio. Trova Igor Ursu, 23enne moldavo, che è lì per rubare con i complici, e spara con la pistola uccidendolo. Il tabaccaio è condannato, in primo grado, a 2 anni e 8 mesi di detenzione per eccesso colposo di legittima difesa ma dovrà risarcire i parenti – madre e sorella – della vittima con un maxi-risarcimento di 325 mila euro. Il 13 marzo 2017 la Corte d’Appello azzera tutto con un’assoluzione reclamata anche dalla Procura generale, cioè da chi riveste il ruolo della pubblica accusa. La sorella del ladro, Angela Ursu, impugnava davanti alla Cassazione quella sentenza limitatamente al negato risarcimento (di più non può fare). Richiesta bocciata e rispedita al mittente l’altra sera: la Suprema Corte ha definito inammissibile quel ricorso.

La sorella della vittima e il ladro ucciso Igor Ursu.

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Fine di un incubo per il tabaccaio di Civé di Correzzola. Fine di un calvario durato anni di sofferenze e di non indifferenti spese affrontate per difendersi. L’esito non era scontato: il procuratore generale di Roma aveva insistito affinché fosse accolto il ricorso della sorella del ladro, presente in aula con la madre. Inoltre il tabaccaio – aveva spiegato il procuratore smentendo la Procura generale del Veneto e tirando in ballo il commodus discessus previsto dal diritto romanoavrebbe dovuto aspettare dentro in casa che i ladri finissero il loro lavoro, magari nascondendosi. E avrebbe dovuto evitare di assumere qualunque iniziativa; insomma battere in ritirata ed evitare guai.

Cosi deciso dalla Cassazione.

Il cavillo è la legittima difesa «putativa» riconosciuta a Birolo. Si tratta di un meccanismo giudiziario per cui se uno spara a un ladro che sta per colpirlo, e se quel «sta per colpirlo» è in qualche modo certificato, allora i familiari del ladro ferito o ucciso non possono in alcun modo rivalersi nemmeno in sede civile per i danni morali. Ma Birolo credeva che il ladro stesse per colpirlo con il registratore di cassa, il dibattimento ha dimostrato che non era così. Il tabaccaio al buio non lo poteva sapere, per cui il giudice penale poteva assolverlo (e così è stato) dal reato di eccesso colposo di legittima difesa, ma siccome quella legittima difesa era putativa (ossia Birolo credeva di essere in pericolo ma non lo era davvero perché Ursu non gli stava lanciando il registratore addosso), allora la famiglia del morto poteva rivalersi in sede civile. Ed è quello che ha fatto. 

 

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