Dopo la morte di Raisi, Teheran si interroga sul futuro: nuove elezioni il 28 giugno

L’analista Pedde sostiene che verranno favoriti i candidati di sistema, organici all’apparato di governo. Occasione rara per i Pasdaran”.

Teheran –  Il presidente iraniano Ebrahim Raisi e il ministro degli Esteri, Hossein Amir-Abdollahian, sono morti nello schianto dell’elicottero su cui viaggiavano avvenuto in una zona montuosa di una provincia iraniana, l’Azerbaigian orientale. Dopo ore di apprensione, di ricerche e di messaggi contrastanti i soccorritori hanno trovato il velivolo e hanno constatato che non c’era “nessun segno di vita” da parte degli occupanti. Nello schianto hanno perso la vita anche altri due funzionari e le guardie del corpo. Le esequie ufficiali di Raisi si sono tenute il 23 maggio a Mashhad, sua città natale nel nord-est dell’Iran, dove è stato anche sepolto.

L’Iran ha proclamato cinque giorni di lutto nazionale. La guida suprema iraniana, Ali Khamenei, ha espresso “profondo dolore e rammarico” per la tragedia. Per Raisi – ha affermato – “il benessere e la soddisfazione del popolo avevano la precedenza su tutto il resto, e il dolore che soffriva a causa dell’ingratitudine di alcuni malvagi non lo hanno dissuaso dal suo impegno e dagli sforzi continui per il progresso e il miglioramento”. Ali Khamenei ha poi nominato il vicepresidente Mohammad Mokhber come nuovo presidente ad interim. Il Paese dovrà ora andare al voto entro 50 giorni. La data, come reso noto dal direttore generale delle elezioni del Ministero degli Interni di Teheran, Mohsen Eslami, dovrebbe essere quella del 28 giugno.

L’ex presidente Raisi

Il 63enne Raisi aveva vinto le elezioni presidenziali nel 2021 con un voto che aveva registrato l’affluenza più bassa nella storia della Repubblica islamica. Figura intransigente, era considerato un protetto della Guida suprema e alcuni analisti lo indicavano il sostituto naturale dell’85enne Khamenei dopo la sua morte o le sue dimissioni. La presidenza di Raisi è stata anche testimone di massicce proteste scoppiate nel 2022 per la morte in carcere di Mahsa Amini. La 22enne curdo-iraniana era stata arrestata con l’accusa di aver violato il rigido codice di abbigliamento della Repubblica islamica non indossando correttamente il velo. La repressione in patria è durata mesi e ha portato a oltre 500 morti e alla detenzione di oltre 22mila persone.

La sua morte, accolta con giubilo da parte della popolazione mentre un’altra parte si è raccolta in preghiera, potrebbe dare nuova linfa alle manifestazioni di protesta. Per la successione di Raisi, considerato una sorta di ‘cuscinetto’ fra i Pasdaran e l’ala clericale dell’establishment, si fanno i nomi di Mohammad Bagher Ghalibaf, speaker del parlamento, Mohassen Rezaee, economista ed ex generale dei Guardiani della Rivoluzione, e Gholam-Hossein Mohseni-Ejei, capo della magistratura. Il ruolo di nuovo ministro degli Esteri è stato invece affidato al momento ad Ali Bagheri Kani, vice del defunto Abdollhian e già capo negoziatore nelle trattative sul nucleare iraniano, veste in cui ha partecipato ai colloqui fra Teheran e i Paesi occidentali a Vienna nel tentativo di salvare l’accordo sul nucleare del 2015.

Mohammad Mokhber assume le funzioni di Raisi

Tutti gli esperti concordano che, a prescindere da quale sarà il successore di Raisi, la politica estera del Paese non cambierà. Proprio dagli alleati più stretti di Teheran sono arrivati i primi messaggi di cordoglio. Vladimir Putin, che ha avuto un colloquio con il presidente a interim Mokhber, ha ricordato Raisi come “un partner affidabile che ha dato un inestimabile contributo personale allo sviluppo delle relazioni amichevoli tra Russia e Iran”. Il presidente cinese Xi Jinping, ha parlato di una “perdita enorme per il popolo iraniano” e di un “buon amico” del popolo cinese. Joe Biden nell’esprimere le condoglianze degli Stati Uniti, ha ribadito “il sostegno al popolo iraniano e alla sua lotta per i diritti umani e le libertà fondamentali”.

Messaggi sono giunti anche dai ‘proxy’ dell’Iran in Medioriente come Hezbollah, Hamas e Houthi ma anche dal Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, e dalle cancellerie occidentali. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha espresso il suo cordoglio e altrettanto ha fatto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, auspicando che la futura leadership iraniana “voglia impegnarsi sulla stabilizzazione e sulla pacificazione della regione”. 

Di fronte alle “preoccupazioni per il riaccendersi delle proteste popolari”, è possibile che i vertici del potere iraniano considerino “utile mantenere aperti i canali con gli Stati Uniti per garantire stabilità e sicurezza al paese”. Sul piano interno, la morte di Raisi ha di fatto anticipato di circa un anno le elezioni presidenziali, previste per maggio 2025 ma che si svolgeranno invece il 28 giugno prossimo. Senza che possa esserci il tempo di organizzare una vera e propria campagna elettorale. In questo quadro, afferma Nicola Pedde,
direttore dell’Institute for Global Studies e uno dei massimi esperti in Europa di questioni iraniane, “saranno
favoriti i cosiddetti candidati di sistema, quelli organici all’apparato di governo e di potere”. Mentre sarà più difficile che dei candidati indipendenti o del fronte riformista potranno emergere”.

“Credo che questa sia un’opportunità più unica che rara – aggiunge l’analista – per gli esponenti della seconda generazione” dei quadri del potere iraniano, “in particolare dei Pasdaran, di conquistare anche l’ultimo baluardo istituzionale che ancora non controllano in maniera diretta: la presidenza della Repubblica”. 

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa