L’addio al giornalista Franco Di Mare, ucciso da quel “killer silenzioso” dell’amianto

Il noto volto Rai, morto a 68 anni, aveva rivelato la malattia in tv. Dai Balcani al tumore ai polmoni, storia di una carriera straordinaria.

Roma – Citando lo storico allenatore Boskov aveva detto combattivo e come sempre agguerrito: “Partita finisce quando arbitro fischia”. L’arbitro purtroppo ha fischiato per Franco Di Mare, morto a 68 anni, storico volto del giornalismo e inviato Rai di grande notorietà che solo due settimane fa aveva commosso l’opinione pubblica per il suo annuncio shock “Mi sono preso il mesotelioma, un tumore molto cattivo, legato alla presenza di amianto nell’aria”. E lo aveva raccontato, simbolicamente, il 28 aprile scorso, data della Giornata istituita per ricordare le vittime dell’amianto. In un giorno in cui si celebravano i 60mila morti degli ultimi dieci anni, la sua storia aveva fatto notizia, come solo un giornalista di razza riesce a fare.

Per quell’ultima confessione – la malattia che non lascia scampo ma a cui si ha il dovere di reagire – che ha preceduto di due settimane la sua morte, Di Mare aveva scelto la trasmissione di Fabio Fazio ‘Che tempo che fa’. La sua immagine con quel “tubicino” che gli correva sul viso, “legato a un respiratore automatico per riuscire a respirare” in modo forzato, è arrivata al pubblico con una forza dirompente. “Questo tubicino – aveva detto il giornalista – mi permette di essere qui a raccontare”. E poi il racconto nudo e crudo del mesatelioma, e la denuncia a “mamma Rai”, diventata matrigna, scomparsa durante la malattia causata dalla respirazione di microparticelle di amianto.

Di Mare ospite a Che tempo che fa

Franco Di Mare era cosciente di non “avere scampo”, ma a ferirlo più del male era stata l’assenza della Rai, “Tutti spariti, dirigenti passati e presenti” dopo la diagnosi, aveva denunciato il noto inviato. E per aggrapparsi a una speranza, a una risposta ai suoi perché, aveva detto ci saranno motivi sindacali o legali. Volevo lo stato di servizio, per sapere i posti in cui sono stato“, per cercare di capire dove potesse essere stato esposto all’amianto. “Sono spariti tutti, aveva aggiunto lamentando “l’assenza sul piano umano… Dirigenti a cui davo del tu si sono fatti negare al telefono. È ripugnante“. Quell’ultima confessione, con tanto di denuncia pubblica per il dolore dell’abbandono, in realtà era già un addio.

Oggi la tragica notizia, annunciata dalla famiglia con una nota di poche righe. ”Abbracciato dall’amore della moglie, della figlia, delle sorelle e del fratello e dall’affetto degli amici più cari oggi a Roma si è spento il giornalista Franco Di Mare. Seguirà comunicazione per le esequie”. Poche parole, un grande vuoto e una grande storia d’amore con la professione di cronista e inviato, fino a non rimpiangere la malattia per la passione su cui ha costruito la sua carriera. “Perché un giornalista rischia la vita andando nei luoghi di guerra?” Franco Di Mare citava Hemingway: “Perché in guerra si incontra bella gente: al di là delle bombe, del rischio che corri, c’è anche solidarietà tra i colleghi e tra le persone che incontri appunto per caso”.

Franco Di Mare con la figlia Stella

Un amore, quello per il giornalismo, di cui è intriso anche il suo libro appena pubblicato, ‘Le parole per dirlo, la guerra dentro e fuori di noi’ (Sem editori). Il giornalista 68enne aveva collegato la sua malattia ai tanti
servizi da inviato di guerra
, soprattutto nella ex Jugoslavia. Nel suo libro scrive: ”La guerra è la malattia del mondo. Appena scoppia, è causa immediata di dolori infiniti, disastri, morte. Ma le guerre continuano a mietere vittime anche dopo che finiscono. Ne è un tragico esempio la “Sindrome dei Balcani”, la lunga serie di malattie provocate dall‘esposizione ai proiettili con uranio impoverito o dall’inalazione di particelle d’amianto rilasciate nell’aria in seguito alla distruzione di palazzi e complessi industriali”.

Un’esperienza terribile quella raccontata dal giornalista nei teatri di guerra, ma anche la più significativa della sua vita: tra proiettili e bombe, quando si trovava in missione come corrispondente di guerra in Bosnia-Erzegovina, intento a documentare il conflitto che dilaniava quella regione, una luce è apparsa nel buio. Stella, quella bambina salvata dalla guerra, che il giornalista ha adottato con un gesto di amore che ha segnato l’inizio di un legame indissolubile tra padre e figlia. Di Mare ha raccontato l’emozionante vicenda dell’adozione di Stella nel suo memoir autobiografico “Non chiedere il perché”, edito nel 2015 dalla casa editrice Rizzoli, che ha successivamente ispirato la serie televisiva “L’angelo di Sarajevo”, con Beppe Fiorello nel ruolo principale.

Dalla fiction ‘L’Angelo di Sarajevo’, ispirata alla storia di Di Mare

Ero a Sarajevo ed una bomba si è abbattuta su orfanotrofio. Incrocio gli occhi di una bambina e ci capiamo subito. Avevo trentacinque anni – ha raccontato più volte l’emozione di quell’incontro – in un momento particolare della mia vita e Stella mi ha salvato. Mi ha salvato il nostro amore che è riuscito, incredibilmente, ad aprire ogni porta e superare ogni difficoltà; mi ha fatto incontrare la Fede. Mi ha fatto dire Dio c’è“. A Stella e alla famiglia è dedicato anche l’ultimo capitolo del suo ultimo libro.

La storia con mamma Rai inizia nel ’91, quando Di Mare arriva alla redazione esteri del TG2, dove nel 1995 assume la qualifica di inviato speciale occupandosi della Guerra dei Balcani. Qui potrebbe aver contratto la malattia che lo ha portato oggi alla morte. Nel 2002 passa al TG1, seguendo buona parte dei conflitti degli ultimi venti anni: Bosnia, Kosovo, Somalia, Mozambico, Algeria, Albania, Etiopia, Eritrea, Ruanda, prima e seconda guerra del Golfo, Afghanistan, Timor Est, Medio Oriente e America Latina. Nel corso della sua carriera giornalistica si è occupato di politica internazionale coprendo – sempre come inviato – i falliti colpi di stato in America Latina, le campagne elettorali presidenziali di Stati Uniti, Francia, Bulgaria e Algeria

Oltre la polemica aspra degli ultimi giorni, la tv pubblica lo ricorda con “Dolore e riconoscenza”. La scomparsa di Franco Di Mare “è per la Rai, per la quale si è sempre speso con passione e professionalità, motivo di profondo dolore, al quale si unisce la riconoscenza per quanto fatto nel corso della sua lunga carriera che lo ha spesso visto in prima linea per raccontare coraggiosamente i conflitti nel mondo – si legge in una nota -. Una passione che lo ha accompagnato anche nei programmi condotti successivamente, nei ruoli dirigenziali ricoperti e nell’esperienza del programma di inchiesta “Frontiere” da lui condotto fino al 2023. Ai suoi familiari va il sincero cordoglio della presidente Marinella Soldi, a nome anche del Cda, dell’amministratore delegato Roberto Sergio, del direttore generale Gianpaolo Rossi e dell’Azienda tutta”.

Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, esprime grande dolore per la scomparsa di Di Mare. L’Italia “perde una delle figure più autorevoli del giornalismo e della cultura. Siamo vicini alla moglie, alla figlia, e a tutti i famigliari. Come osservatorio – tiene a sottolineare – porteremo avanti la sua battaglia contro il killer silenzioso che continua a seminare migliaia e migliaia di vittime nel nostro paese”. 

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