Stavolta tocca alla Jabil con 190 stipendi in meno e altrettante famiglie nella disperazione. L’azienda, con sede centrale in Usa, sembrava volersi accordare ma poi la marcia indietro netta ha scatenato le reazioni di lavoratori e sindacati. Sciopero a oltranza.
Non sono bastate 73 ore di trattative, la Jabil non sembra intenzionata a fare marcia indietro: i 190 licenziamenti sono stati confermati. Nella tarda nottata di ieri la multinazionale americana, tramite l’amministratore delegato Clemente Cillo, ha comunicato che non è disponibile ad eventuali ripensamenti sulle pratiche d’esubero, provocando così la rottura delle trattative in corso con il ministero del Lavoro. Una mossa inaspettata che né la ministra Nunzia Catalfo, né i sindacati si aspettavano. La reazione dei lavoratori e dei rappresentanti di categoria non si è fatta attendere tanto da indire immediatamente uno sciopero ad oltranza fino al prossimo tentativo di accordo tra azienda e governo.
Uno strano dietrofront quello della Jabil che, fino al pomeriggio di ieri, sembrava intenzionata ad accettare il blocco dei 190 licenziamenti e l’utilizzo per questi lavoratori della Cig per Covid 19 per ulteriori 5 mesi, come stabilito dal dl Rilancio. L’accordo avrebbe poi previsto, a sostegno dell’azienda, anche l’impiego del fondo nazionale di competenza per la formazione dei lavoratori. Non solo. Per rendere appetibile economicamente un’eventuale uscita volontaria da parte dei lavoratori e per sostenere il loro ricollocamento, l’intesa introduceva una serie di incentivi. I 190 lavoratori, dunque, sarebbero stati temporaneamente sostenuti di fatto dagli interventi dello Stato.
La condotta dell’azienda potrebbe non rispettare il codice legislativo italiano in materia. Infatti la norma prevede un lasso di tempo di 45 giorni tra l’annuncio e l’effettivo licenziamento ma per la Jindal, invece, non ne servirebbero più di 6. Una situazione complicata tanto che per motivare l’assurdo irrigidimento, la dirigenza italiana avrebbe dichiarato di aver ricevuto “ordini” dalla casa madre. A quel punto anche la ministra Catalfo si sarebbe adombrata sostenendo che se fosse questa la situazione avrebbe il diritto e il dovere di parlare con i vertici americani.
Nel tardo pomeriggio è previsto un nuovo incontro tra sindacati e ministero per concordare una strategia da perseguire. Probabilmente soltanto nella serata inoltrata si capiranno gli sviluppi di questa vicenda. Nel frattempo, 190 lavoratori, e le loro famiglie, aspettano.