Il noto finanziere e faccendiere era stato protagonista di mille scandali ma era caduto quasi sempre in piedi. Amico di mille politici, sia italiani che stranieri l'imprenditore di Pistoia prestato alla Cia avrebbe avuto una soluzione anche in tempi di pandemia. Raramente, infatti, sbagliava nelle previsioni. Soprattutto in campo economico e negli investimenti internazionali.
Arezzo – Licio Gelli è morto a 96 anni il 15 dicembre del 2015. Da allora non se n’è più parlato. Diritto all’oblio? Più che giusto se il “Venerabile” non fosse stato protagonista di mille e più mille vicende pubbliche e “segrete” che ci riguardano dal dopoguerra in poi. Il maggiore custode dei segreti politico-finanziari italiani rimarrà nella memoria della nostra storia contemporanea chissà ancora per quanto tempo.
Quante cose si scopriranno del Venerabile maestro della Loggia Propaganda 2, meglio conosciuta come Loggia P2, di cui era a capo insieme ai più noti personaggi della politica, della magistratura, del giornalismo e così via? Licio Gelli, imprenditore di Pistoia, si è spento serenamente nella sua villa Wanda di Arezzo portandosi nella tomba mille verità che, forse, non conosceremo mai. A vantaggio di chi, dopo la sua scomparsa, ha tirato un bel sospiro di sollievo. Fascista militante Gelli partecipò alla guerra civile spagnola nel 1937 schierandosi con le truppe del generalissimo Franco. Nel 1939 aderì ufficialmente al Partito nazionale fascista e dopo il “golpe” del 25 luglio contro Mussolini seguì la sorte della Repubblica Sociale a Salò.
Dopo la seconda guerra mondiale, Gelli sarebbe stato preso in forza alla Cia ma tale “arruolamento”, proposto dai nostri servizi segreti, non sarebbe mai stato provato ufficialmente come centinaia di altri oscuri accadimenti che videro Licio Gelli nei panni del burattinaio. Nel 1956 Gelli assurge al ruolo di direttore commerciale della Permaflex di Frosinone dove noti politici, ministri, vescovi e generali iniziano a darsi appuntamento e non certo per riposare sui noti quanto comodi materassi. Nel 1958 Gelli diventa un fervente democristiano, come tanti altri ex fascisti della prima ora, ma è nel 1963 ovvero con il suo ingresso in Massoneria che Gelli inizierà ad accumulare un potere senza limiti nell’ambito economico-politico-strategico del nostro Paese e di mezzo mondo.
Con la scoperta della “sua” P2, una vera e propria forza organizzata per la realizzazione di un disegno eversivo, Licio Gelli diventa quasi l’immagine speculare del potere politico tanto da essere affiancato agli esiti del fallito golpe Borghese e come coordinatore dell’operazione Gladio senza grandi conseguenze giudiziarie. Il nome del Venerabile si legherà poi a quelli di Stefano Delle Chiaie e Francesco Pazienza, rimanendo coinvolto nel processo per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 dove trovarono la morte 85 persone mentre 200 rimasero ferite. E sulla strage di Bologna, recentemente tornata alla ribalta delle cronache, si parlerà ancora e il nome di Gelli e quello di certi personaggi dell’estrema destra serviranno a chiarire l’altra verità. Quella tenuta nascosta per anni. Poi iniziarono gli anni della cosiddetta strategia della tensione e nel 1995 Licio Gelli veniva condannato per depistaggio con sentenza andata in giudicato.
Il capo della P2 continua ad essere il faccendiere più temuto d’Europa e nemmeno la successiva condanna a 12 anni di carcere per la bancarotta del Banco Ambrosiano (nel quale ebbe un ruolo predominante la banca vaticana dello Ior) riesce a fermarlo. Arrestato e rimesso in libertà più volte anche a seguito di alcune fughe favorite da connivenze e complicità a tutti i livelli istituzionali, Gelli seguiva la sue inarrestabile scalata ai massimi livelli dello Stato accettando l’iscrizione in P2 di personaggi come Silvio Berlusconi, Maurizio Costanzo, Angelo Rizzoli, Pietro Longo, il colonnello Vito Alecci e cosi via tanto per citarne alcuni a caso. Una seconda realtà, forse quella vera, della storia d’Italia del secondo Novecento potrebbe essere celata negli archivi segreti del Venerabile toscano sparsi nei forzieri ignoti tra Montevideo, Svizzera, Argentina e Principato di Monaco.
Si tratterebbe di 430 fascicoli intestati dal faccendiere a uomini d’affari, politici, cardinali, militari, case editrici, società e banche tra i più ricercati dai servizi segreti e polizie di mezzo pianeta. Licio Gelli e la sua P2 avrebbero tenuto sotto scacco migliaia di persone influenti ai vari livelli sia istituzionali e privati il cui potere, ancora oggi a carattere personale o delegato, degli ex iscritti, parenti e affini non sarebbe certo in ribasso nonostante la morte del capo:
”…Ho una vecchiaia serena – disse Gelli durante un’intervista nel 2005 – tutte le mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta. Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d’autore. La giustizia, la tv, l’ordine pubblico. Ho scritto tutto trent’anni fa…”.
Chissà se nelle sue memorie Gelli avesse previsto o meno una pandemia di questa portata. Senza dubbio avrebbe saputo come affrontarla, se non altro dal punto di vista economico-finanziario. Avrebbe potuto darci una mano. Hai visto mai?